martedì 25 dicembre 2012

TACI Prenatalizio


Ho letto sulla pagina Facebook di Spiritotrail un augurio natalizio che mi è molto piaciuto, lo riporto qui:
A
CHI
CORRE
SOLO PER
SE STESSO O
PER DIMOSTRARE
QUANTO SIA FORTE
AUGURIAMO DI RINASCERE
TRAIL RUNNER
BUONE
FESTE
Il 2012 volge al termine dopo che domenica abbiamo corso e organizzato la terza edizione del Trail Autogestito del Carso Isontino (TACI). Rispetto al 2010 e al 2011 è stato tutto molto diverso: il passaparola ha portato alla partenza un gran numero di facce nuove e se nelle prime due annate sapevo benissimo chi avrei incontrato, quest’anno non è stato così. È andata bene, poteva andare meglio, ma questo è un pensiero che vale sempre. 
Certo le cose positive ci sono state, e sono la maggioranza. Perché correndo in coda mi sono divertito assai, perché ho scambiato parole con persone che già conoscevo o che ho conosciuto, persone che sono stato fortunato ad incontrare grazie al trail. Perché il Terzo Tempo, a ranghi ridotti e non è un caso, è stato divertente, godereccio e appagante. Perché ho corso insieme a degli amici e perché il TA è un’occasione in più per correre con Chiara. Perché altri amici si sono sbattuti ad organizzare la camminata sul San Michele, ricevendo in cambio sorrisi e complimenti. Meritatissimi.
Grazie a Gis, Stefano e Lara che mi hanno permesso di mettere in piedi la giornata mentre io da Rovereto li incalzavo via mail o telefono.
Grazie alla maggioranza, che ha capito cosa intendo fare proponendo un giro turistico a passo di corsa, per conoscere il Carso dimenticando il cronometro e alzando gli occhi (scusate se non vi nomino tutti: è il mio modo per non dimenticare qualcuno).
Grazie speciale a Giuseppe, che ha avuto una gran sfiga: per te faccio un tifo del diavolo, devi metterti a posto il ginocchio, ci meritiamo molte altre corse assieme.
E poi c’è qualcosa che mi ha fatto storcere il naso e apprezzare l’augurio che ho riportato sopra. Dopo i primi due km, già ho visto qualcosa che a me non andava, sotto forma di un’accelerazione stonata al ritmo di crociera. E dopo altri due km, al momento di fermarsi per radunare il gruppo spezzato dalla stonatura, ho sentito i lamenti di chi ha freddo se ci si ferma a lungo e di chi vuole un ritmo diverso, più svelto. Lì ho deciso che il mio posto era in coda. Già, perché io organizzo assieme agli altri che però non corrono e dunque sono guida unica. A metà strada ho visto qualcuno che conosceva la zona buttarsi a rotta di collo su sentieri che non erano previsti. E ho proseguito in coda, fermandomi ad aspettare e risalendo la strada per tenere insieme chi ha capito cos’è un TA. All’arrivo qualcuno, non pochissimi in verità, se n’erano già andati senza neppure dire “Ciao”.
Scrivo questo perché serve a me scriverlo e perché so che su questo blog molti amanti del TA spendono qualche minuto, e vi (ci) dico: resistiamo!
Il prossimo anno sarà diverso.
Questo rimane il mio spirito: 

sabato 22 dicembre 2012

TACI: ultimi aggiornamenti e dettaglio percorso


Fatta la prova TA. Di seguito tutte le notizie interessanti e il roadbook (parolona!)
Consigli: non c’è acqua lungo il percorso, portarla con sé. Non ci saranno ristori in corsa, l’autogestione è assoluta.
Ci sono tratti scivolosi, se non avete le scarpe da trail (ma anche se le avete) affrontateli con calma e gesso.
Il fondo è talvolta sassoso: occhio alle caviglie.
Cerchiamo di stare compatti, ai bivi ci si aspetta. Prevista sosta ai due punti panoramici.
Cerchiamo di essere puntuali: fa freddo e aspettare gelandosi non è piacevole. Ritrovo: domani domenica 23 dicembre ore 8.45 per partire alle 9.00.
Partenza dalla Stazione FS di Sagrado, dopo breve tratto asfaltato si comincia a salire sul sentiero 76 (“della Fornace” per i sagradini).
Salita dolce su sterrato, svolta a destra in direzione Alture di Polazzo. Nota: avremo con noi una delle anime delle Alture. Tratto piano prima di raggiungere la strada delle Alture, con un po’ di fango. Svolata a sinistra in leggera salita e si passa al fianco del bellissimo agriturismo (cliccate sul link in basso a sx!) e si raggiunge l’incrocio delle Quattro Strade. Siamo a 4km.
Attraversato l’asfalto dopo poche centinaia di metri si svolta a sinistra su sentiero stretto e sassoso in leggere salita. Finito il sentiero si svolta a destra su stradina sterrata che conduce al Cippo Corridoni. Dopo il Cippo si sale verso S. Martino del Carso, che si raggiunge su strada asfaltata. Le fontane a S. Martino sono entrambe chiuse. Si continua su asfalto verso il cimitero di S. Martino, poco prima di raggiungerlo svolta a sinistra su strada sterrata che porta alla cima del Monte San Michele, con punto panoramico e sguardo sul Golfo. Siamo a 10 km scarsi.
Si continua sul percorso dei Cippi arrivando sulla strada asfaltata che, con svolta a sinistra, porta al parcheggio del Monte San Michele. Vista panoramica verso le montagne e l’Isonzo.
Ancora su asfalto in discesa per poche centinaia di metri e svolta a sinistra sul Sentiero 76, che ci accompagnerà fino alla fine. Il 76 è segnato, come da tradizione carsica, spesso ma non sempre. L’imbocco è in discesa piuttosto ripida, con terreno sassoso, infido e scivoloso. Questo è il punto più delicato: possibili scivoloni, serve attenzione.
Il 76 ci porta poi ad attraversare il Bosco Cappuccio, che nel mio infantile ideale chiamo “foresta”. Prima di raggiungere l’asfalto, un paio di bivi sui quali si tiene sempre la sinistra. Arrivati alla strada asfaltata (quella che da San Martino del Carso porta a Poggio III Armata) si attraversa semplicemente e si continua a sinistra (segnato il 76) in salita non ripida ma costante, lunga circa 600m. Poi lunga serie di saliscendi che conduce alla strada asfaltata che da San Martino del Carso porta a Sagrado. Si prende l’asfalto a sinistra e dopo circa 500 metri si riprende il 76 sterrato. Siamo oltre i 15 km.
Discesa detta “delle Casette” e arrivo. Ci si congiunge con la strada di partenza, quella della svolta a destra verso le Alture; adesso diventa svolta a sinistra. Torniamo sui nostri passi fino alla Stazione di Sagrado, dove arriveremo dopo 19 km di Carso.
Serve a qualcosa tutta questa descrizione? Di certo a farmi divertire.
Dalla stazione poi ci spostiamo in macchina in parrocchia e diamo inizio a quel che dà il senso alla giornata: magnar e bever.


domenica 9 dicembre 2012

Trail Autogestito del Carso Isontino

Ringrazio gli amici che hanno dato ampia diffusione all'iniziativa e pubblico sul blog il programma del TACI 2012, previsto per domenica 23 dicembre 2012.
Sono un uomo che di Carso non si sazia, e che dopo l'indigestione del Sentiero 3 non trova di meglio che proporre un giro su di un altro Carso.

Per prima cosa, rispondo a chi mi ha chiesto che cos'è un TA.
E' una corsa auto-organizzata e autogestita che cerca percorsi fuori dall'asfalto, percorsi che presentino una certa attrattiva panoramica, storica, naturalistica. Non c'è nulla di agonistico, il passo è lento e sono previste soste per fotografare e osservare i panorami. A chi vuole andare veloce e non ha la pazienza di aspettare i più lenti si consiglia un altro modo di correre :-)
Si tratta, in sintesi, di turismo e convivialità a passo di corsa. Un po' di allenamento serve, intendiamoci: sono pur sempre 18km circa di Carsocorso. 
Dopo la conclusione del trail ci si ritrova assieme per mangiare, bere e chiacchierare per dare vita a quello che chiamiamo Terzo Tempo. Le vettovaglie sono anch'esse completamente autogestite: ciascuno porta qualcosa e si consuma quel che c'è. La partecipazione è libera e gratuita :-)

E veniamo ai dettagli 2012!
Ci troviamo a Sagrado (GO) nel piazzale della Stazione ferroviaria alle 8.45, così da partire alle 9: farà freddino ed è importante essere puntuali. 
Il TACI è alla sua terza edizione, le prime due sono state proposte ai primi di novembre, quando il Carso è rosso di sommacco. Quest'anno non è stato possibile farlo in Carso rosso e non è da escludere che si trovi un Carso bianco! 
La proposta di percorso è più breve rispetto alle prime due edizioni: visto il clima invernale e l'interesse suscitato fuori dal gruppo di inveterati trailer ho pensato ad una riduzione. Il giro dovrebbe misurare circa 18 km (lo conosco perfettamente ma non l'ho mai misurato) e, indicativamente, si svilupperà così: Sagrado, Alture di Polazzo, Cippo Corridoni, San Martino del Carso, Monte San Michele, Sentiero 32 Cippi, Bosco Cappuccio, Sagrado. Il fondo è al 99% sterrato, senza nessuna difficoltà altimetrica ma con un fondo insidioso e irregolare (sassi, radici), talvolta scivoloso. Contrariamente a quanto successo nelle prime due edizioni NON sarà organizzato il ristoro autogestito lungo il percorso. Aspettandoci di trovare il freddo, meglio evitare soste congelanti. 
Compatibilmente con il numero dei partecipanti, potremmo forse dividerci in due gruppi, ma questo si vedrà il 23 al momento di partire.  
A conclusione del giro carsico, ci ritroveremo tutti nella sala parrocchiale di Sagrado, dove daremo vita al Terzo Tempo più trail del Natale 2012. Per questo è consigliato che i partecipanti postino (qui o su Facebook) il contributo culinario o di beveraggio che intendono fornire

Il TACI si rivolge anche a chi non ha fiato o voglia di correre una ventina di km carsici, cercando con la sua virtuosità di unire e non dividere le famiglie :-)
Per chi non corre sarà possibile una facilissima passeggiata sul Monte San Michele, guidata da indigeni carsolini e adatta a grandi e piccini. Il trasferimento fino al San Michele si farà in macchina, mentre il ritrovo è per tutti quello delle 8.45 Stazione ferroviaria di Sagrado segnato sopra. I passeggiatori potranno poi trasferirsi al caldo della sala parrocchiale nell'attesa dei trailer, che arriveranno - esperienza insegna - puzzolenti ma felici. 

Per farvi un'idea, vi posto i link del resoconto delle prime due edizioni:
Se siete curiosi e avete pazienza, i link vi rimandano ad altri link, foto, etc. 

Ho creato l'evento su Facebook: se siete interessati a restare sintonizzati anche su quelle pagine, cercatemi (Claudio Ferlan). 

lunedì 3 dicembre 2012

Cavalcata Carsica 2012: deviazioni ed equilibrismi in amicizia

E' andata. Per la seconda volta ho percoso da cima a fondo il bellissimo sentiero "3", l'Altavia del Carso. Se nell'edizione 2010 avevo scritto con profonda convinzione che la Cavalcata Carsica è la più bella di tutte, quest'anno di certo la bellezza rimane, ma con uno strano senso di smarrimento e l'ennesima prova che per conoscere se stessi serve molto più tempo di quello che abbiamo.
Sabato sera dormo dagli amici Sara e Pier Luigi, anche lui cavallo del Carso. Trascorriamo una piacevolissima vigilia, c'è un po' di incertezza sull'abbigliamento, vista la variabilità delle previsioni. Domenica sveglia all'alba, non piove, il vento è leggero e naturalmente fa un po' freddo. Partiamo assieme in tre: io, Pier Lugi e Stefano.
Si comincia puntuali alle 7.30, teniamo un passo tranquillo e andiamo piacevolmente in tre. Ci aspettano 53km circa di corsa/camminata su terreno insidioso, roccioso e ondulato come solo il Carso sa essere. Stefano conosce benissimo il sentiero, che per quanto ci stai attento è davvero insidioso: i segnali sono aumentati, ma certe deviazioni sono così poco logiche e visibili che se molli un po' di concentrazione rischi la frittata.
I primi 25 km (sono i dati del mio Garmin, che tradizionalmente non corrispondono a quelli della guida della corsa) li corriamo assieme. Io sto davvero molto bene, come al solito sono molto più efficace in salita che in discesa, ma il mio trottare tranquillo funziona a meraviglia. Dicevo. Dopo 25 km ci stacchiamo un po', c'è Chiara che mi aspetta a San Pelagio per fare assieme gli ultimi circa 15km: e sì, questa volta ho il pacer personale! Proseguo da solo e senza la sapiente guida di Stefano manco un bivio insidioso, proseguendo per la strada maestra che però non è più il "3". Fortuna che me ne accorgo quasi subito, torno sui miei passi e recupero la retta via perdendo qualcosa meno di una decina di minuti.
La Cavalcata si corre in autosufficienza, il mio Olmo 5 è ben fornito, ma il fatto che Chiara e l'amico Cristiano mi aspettino a San Pelagio è un'ottima notizia. Mi sorprendo ad arrivare da loro con parecchio anticipo rispetto a quel che mi dice il Garmin. Sono cinque ore e mancano una quindicina di km. Mi rifocillo velocemente e riparto assieme a Chiara. Abbiamo così poco tempo per chiacchierare correndo assieme, che blablabla saltiamo di brutto un bivio e ce ne accorgiamo solo quando il sentiero sbagliato ci porta in un paesino sconosciuto. Niente. Tocca tornare indietro e pazientemente guardare ogni deviazione alla ricerca del bivio perduto. Piove parecchio e comincio ad avere freddo. Stupidamente (perché?) non metto il k-way e di sicuro butto nel cesso un sacco di energie. Ritroviamo il "3" e aumentiamo l'attenzione. Cerco di non pensare ai km fatti in più e al tempo perso, che non è proprio pochissimo. Ma non sempre ci riesco. Dopo poche centinaia di metri ci ricongiungiamo con Pier Luigi, Stefano è andato avanti. Stavo benissimo, davvero benissimo fino a poco tempo prima, ma ora comincio ad avere qualcosa che non va: alzo poco i piedi, i passi sono inefficaci, le rocce carsiche bagnate mi fanno scivolare di continuo. Purtroppo ho anche una cattiva memorizzazione del tratto che stiamo percorrendo: lo ricordavo corribile (e probabilmente se asciutto lo è), ma nelle condizioni in cui siamo, il sentiero ed io, posso solo procedere di discreto passo e accennare alla corsa in pochi tratti sempre troppo brevi. Fortuna che sono in compagnia!
A pochi km dall'arrivo c'è la temuta discesa dell'Hermada. Prima di affrontarla uno sprazzo di lucidità mi dice: "Il K-Way, demente!". Provo un gran sollievo nel coprirmi, ma il primo passo della discesa mi costa un bel bloccaggio al ginocchio destro. Amen. Scendo appoggiando il peso sui bastoni, lentissimo, lentissimo, lentissimo. Fortuna che la discesa è breve. Ho avuto immediatamente la sensazione che il ginocchio bloccato si sarebbe sbloccato, non so perché ma così è. Gli ultimi km li corricchiamo, fermandoci quasi ad ogni bivio con il terrore di sbagliare ancora.
Arriviamo finalmente dopo 7h54' Pier Luigi, Chiarapacer ed io. Purtroppo il freddo ha consigliato chi prende il nome dei finisher di andarsene prima delle abituali otto ore. Purtroppo Stefano che era andato avanti pensava di raggiungermi, senza poter immaginare che io più che avanti ero altrove. Così si è preso un bel freddo ad aspettarci, visto che la macchina a Jamiano era la nostra.
Tutto è bene quel che finisce bene, e finire la Cavalcata la trovo comunque un'impresa, sia pure facendo un bel casino, mettendoci tempo e km più del necessario e dovendo anche superare alla bell'e meglio una "crisi di testa".
Concludo con qualche considerazione che mi sia utile per la prossima volta (che ci sarà, ovviamente). Quando hai freddo vestiti, babbeo! Tu che ti porti in spalla dei vestiti di ricambio, li puoi anche usare: mica li carichi perché hai bisogno di zavorra! Se ti viene in mente di non usare i bastoncini, scaccia quel pensiero e tieniti stretti i tuoi maginifici Camp. Cerca di provare qualche tratto del "3" assieme ai tuoi amici cavalli carsici e ricordati che a seconda delle condizioni del tempo il sentiero può cambiare in maniera sorprendente, quindi... non soprenderti! Dopo San Pelagio col cacchio che è corribile, specie se piove e se hai alle spalle già quasi 40 km di Carso. Dopo San Pelagio il sentiero largo non dura molto, c'è quella svolta a destra che sembra fatta apposta per fregarti. Prima di scendere l'Hermada, controlla attentamente un eventuale bisogno di stretching. Intanto questo, se a qualcuno dovesse venire in mente altro, me lo scriva!
La sera rientriamo in macchina a Rovereto, ho le gambe malconce e sono alla frutta, il mio turno di guida lo riesco comunque a fare con l'aiutino della Red Bull. Stamattina mi sveglio, faccio una colazione che assomiglia a un pranzo e mi sento davvero molto meglio. Persino le gambe si sono sciolte a tal punto che scendo quattro piani di scale con Mateja in braccio. Mi rimane il dubbio di avere davvero gestito male le forze. Tutta scienza per le corse future!

domenica 25 novembre 2012

Dai, che se tutto va bene...

Manca una settimana all'appuntamento preferito, quello che si chiama Cavalcata Carsica. Sono soddisfatto della marcia di avvicinamento: a fine agosto ho deciso di rinunciare ai sogni di gloria autunnali e di provare a prepararmi, con il giusto tempo, alla corsa che per me è "la preferita". Scrivo "il giusto tempo" perché oramai ho (finalmente) capito che non mi è possibile seguire un programma, essere ordinato nella preparazione. Per fortuna gli imprevisti non sono stati pesanti: una settimana di lavoro a Roma senza riuscire a correre il giusto, una piccola magagna fisica. Su questa mi dilungo un attimo.
La scorsa settimana ho fatto l'ultimo lungo: tre ore di uscita divise tra una decina di km con Chiara in ciclabile e poi una bella salita sul Cengio Alto. Nonostante la mia presunta esperienza, ho fatto due errori che a freddo mi riprometto sempre di non fare: 1) correre sulle salite troppo ripide; 2) mangiare come un porcellino troppo poco tempo dopo la corsa. Il risultato è stata una discreta indigestione. Quattro giorni di riposo attivo, ovvero: ho camminato tanto senza correre. E ho recuperato bene. Ieri 50 minuti tranquilli, oggi 15 km pianeggianti a per me buon ritmo (per una volta ho portato il Garmin e so che stavo poco sotto ai 5'20'' senza fare troppa fatica). 
In questi mesi ho privilegiato il dislivello ai km, pur non rinunciando ai lunghi, e mi pare di avere azzeccato, o meglio: non so se per l'allenamento sia stata la scelta migliore, ma lo è stata di certo per il divertimento e questo è il mio obiettivo. Un'ottima cosa è stato l'inserimento di un'uscita settimanale la mattina appena alzato. 
Incrociamo le dita, speriamo che questo post non porti sfiga e che i giorni che mancano non portino brutte sorprese, ma senza troppa scaramanzia scrivo che mi sento a posto e non vedo l'ora che arrivi il 2 dicembre. 
Finalmente, dopo davvero troppi mesi, sembra arrivare il momento di un'altra gara. 
Notiziole sul TA del Carso Isontino. Confermo la data del 23 dicembre, ipotizzo la possibilità di organizzare anche la passeggiata, sembra sia fattibile. Il Terzo Tempo dovrebbe farsi a Sagrado, non credo saremo in molti e dunque potrebbe bastare lo spazio della casa dei miei genitori. Comunque ci proverò anche con la sala parrocchiale. Ma ora pensiamo alla Cavalcata Carsica e poi cominciamo a mettere a punto i dettagli. 

domenica 18 novembre 2012

sabato 10 novembre 2012

Progetti per il TACI 2012 - Trail Autogestito del Carso Isontino

Mentre il maltempo rovina i piani del finesettimana, guardo con occhio positivo al futuro.
I rientri nella Venezia Giulia sono definiti: venerdì 16 novembre toccata e fuga in solitaria per una conferenza a Gorizia, poi Cavalcata Carsica (salute permettendo, metto le mani avanti viste le troppe rinunce degli ultimi tempi). Niente altro fino Natale. Tanti amici mi hanno chiesto: "E il TA quest'anno?". Ho pensato di non riuscire ad organizzarlo, ma poi un "perché no?" si è messo a gironzolare nella mia testolina.
Soluzione unica: domenica 23 dicembre.
Non ci sarà il sommacco rosso. Non so se in quei giorni si riuscirà ad avere la sala parrocchiale. Soprattutto, non ci sarà l'amico Cristiano, che è l'anima dell'altro TA, quello fatto per chi passeggia. Questa assenza è una vera disdetta, ma si sa, a Natale ci sono i viaggi-parenti!
Proviamo comunque a mettere in moto la macchina organizzativa e vediamo che cosa ne viene fuori.
Il Carso a dicembre può comunque offrire belle sorprese. E  magari per qualche "cavaliere" potrebbe essere interessante conoscere qualcosa del versante isontino, dopo l'abbuffata triestina di inizio dicembre.
Il percorso è testato, non credo valga la pena fare grossi cambiamenti.
Ci terrei a riproporre la passeggiata, mi piace troppo l'idea di unire in una mattinata unica il divertimento di chi corre e chi non corre.
Ci saranno poi da esplorare possibilità di Terzo Tempo.
Via!
Apro le danze e comincio a convocare sagradini e isontini... l'amico Gis è avvisato. 

lunedì 5 novembre 2012

Carso lungo, zaino e trasferta

Vacanza allungata = Visita parenti = Carso. Molte altre cose in verità, ma qui mi soffermo su questa semplice catena. 
Avevo voglia di correre sul Carso, purtroppo senza la possibilità di organizzare (per ora) il Trail Autogestito che con l'aiuto di valenti amici ho messo in piedi negli ultimi due anni. Dopo una simpatica corsa serale in compagnia di Chiara il 1 novembre, è stato il turno del lungo settimanale. L'idea era quella di prendere comunque spunto dal percorso del TA, allungandolo il giusto con un'escursione verso il Carso monfalconese. Questa volta l'intenzione ha trovato piena realizzazione. Fatto il tratto iniziale di nuovo assieme a Chiara (viva la nonna), ho proseguito poi da solo dalle Alture di Polazzo verso Monfalcone, macinando i sassi del Carso, metro dopo metro, saliscendi dopo saliscendi, con una buona forma e una simpatica facilità di corsa. Dopo Monfalcone dietrofront verso Redipuglia, salita verso San Martino del Carso e discesa Poggio III Armata - Sagrado. Molto di noto, qualcosa di nuovo. Giornata splendida, tanto che per qualche tempo ho corso in tenuta primaverile. Terra  e sommacco già molto ma molto rossi, vedute limpide sul Golfo. 
Alla fine della corsa conto 32-33 km (avevo il garmin ma ha faticato moltissimo a trovare la linea) in 3h40 circa, pause rimirapaesaggio comprese.
Ho usato questo lungo per testare il mio nuovo zaino Olmo 5. Purtroppo c'è un grosso problema: lo zaino è perfetto, ciò rischia di fermare i miei acquisti compulsivi. Come farò? Veste benissimo, non preme sui lombi, scarica ottimamente il peso, due borracce da 750ml più possibilità di aggiungere una eventuale sacca idrica, spazio più che sufficiente per le mie esigenze trail. E adesso come sazio i miei deliri da acquisti di accessori di corsa? Senza tener conto che ho anche trovato le scarpe giuste per il mio piede!
Oggi invece sono arrivato a Roma, mi fermo fino venerdì per le mie ricerche. Questa sera ho provato una pessima corsetta, 40 minuti sui marciapiede senza trovare uno sputo di verde illuminato, come direbbe Tex Willer. Speriamo nel futuro. Altrimenti farò ripetute su rampe o scalini. Qualcosa mi invento.

domenica 21 ottobre 2012

La mattina del dì di festa. Tanto sole e qualche nuvola.

Quarta domenica di fila rallegrata dal regalo di una bella corsa mattutina. E terza volta consecutiva di corsa in montagna. Avrei voluto partecipare ad una gara del circuito corsa in montagna organizzato dalla SAT (Società degli Alpinisti Tridentini, in soldoni - io non lo sapevo fino a quando non sono venuto a vivere da queste parti - il CAI Trentino), ma è riservata ai tesserati. Chissà, magari il prossimo anno... ma torniamo alla domenica mattina.
Parto come al solito di buonora, l'obiettivo è un giro sul Monte Finonchio, in parte noto, in parte no. La prima ora è quasi tutta salita, alternando passo e corsa a seconda di fondo e pendenze. Poi si scende ed è lì che àrrivano "le nuvole". Già da qualche minuto sento troppi spari per i miei gusti, quando poche decine di metri avanti a me compare un cane da caccia che fiuta e abbaia. Dietro a lui l'uomo con l'arma. Ne ho lette troppe, ne ho sentite troppe. Mi fermo, lascio passare e torno sui miei passi. 
Da quando corro in montagna mi sono dato la regola dell'estrema prudenza. Rispetto per il maltempo, per i tratti esposti, per il freddo, per le discese scoscese. Nessun rispetto per i cacciatori, ma rispetto per me stesso. Tredici morti in trentacinque giorni sono i numeri dall'apertura della recente stagione di caccia. Ma ci rendiamo conto? Infamia!
Il mio giro allora si interrompe. Riprendo una strada nota, avviso gli escursionisti che incontro del pericolo e mi dirigo verso tratti più urbanizzati. Purtroppo anche lì non mancano gli invasati con doppietta. Che tristezza, oggi che non ho voluto portare l'iPod sono accompagnato da chi spara e chi abbaia. Ridiscendo a Rovereto e salgo verso le colline immediatamente sopra la città, là dove non si caccia. Corro molto bene, anche il passo camminato sulle salite ripide è buono per le mie possibilità: la forma sta proprio tornando. Addirittura in discesa sto aumentando la sicurezza, pur nella scarsa qualità che mi contraddistingue.
Ne viene fuori una specie di mezza maratona trail (21 km abbondanti e 900m D+). 
Correre, in sè, è stato molto bello, impreziosito da un sole autunnale che qui in Trentino è capace di vero splendore.
Ma che tristezza, che fastidio... Che c'entra in una società come la nostra una cosa come la caccia? 

domenica 14 ottobre 2012

Interrompiamo l'interruzione

Se, come insegna un vecchio adagio giuridico, tre indizi fanno una prova, allora forse è tempo di riprendere il racconto del mio essere "trail runner".
Perché sono tre domeniche di fila che riesco a fare un bel lungo, tre settimane di fila che mi alleno quattro volte.
Cominciamo dalla fine, da stamattina. Avevo idea di fare una corsa/camminata sul Monte Finonchio. Le previsioni però non promettevano nulla di buono. Al risveglio vado in terrazza e guardo il Monte meta teorica, non ne vedo la cima, ma neppure la base. Dall'altra parte però c'è addirittura un po' di sole. E l'altra parte è quella che già ho visitato domenica scorsa, con un giro molto bello di 23 km abbondanti e 1.000 di dislivello, un giro che a me richiede tre ore precise. Lo rifaccio e mi diverto un sacco. Trovo anche un paio di tagli simpatici per lasciare da parte dell'asfalto. Per chi conosce Rovereto e dintorni: parto da casa, in centro, salgo all'Ossario, poi Campana dei Caduti. Da lì ancora salita al Cengio Alto, poi discesa, salita sulla Strada degli Artiglieri, grotta Chiesa, piste dei dinosauri e rientro a casa senza ripassare dal Cengio Alto e scendendo a Lizzanella.
Come scritto, ho ripetuto il giro due domeniche di fila.
Il primo lungo invece è stato asfaltato, visto il tempo brutto. Ho fatto 30 km sulla ciclabile, con molta più fatica di quanta non mi sia costata nelle domeniche trail. Proprio un'altra cosa, correre tra i sentieri. 
Questo andare mi dimostra un buon progresso, dalla prima alla terza domenica è cambiato parecchio, sia durante che dopo la corsa. Mi sto riprendendo, merito anche delle tre uscite a settimana (un'oretta alla volta) che riesco a segnare sull'agenda, oltre al lungo. Il consiglio di un paio di amici, quello di correre all'alba è stato un buon consiglio. Per non rischiare di progettare l'irrealizzabile, ho scelto di correre al mattino presto, per ora, una volta per un'ora su ciclabile. Sta andando bene. Negli allenamenti brevi alterno un paio di percorsi con dislivello all'asfalto, ascoltando le esigenze dei muscoli. Ok, ok.
Gli obiettivi sono due: Cavalcata Carsica in dicembre 2012 ed Ecotrail di Parigi a marzo 2013. In mezzo, vediamo se ci sono occasioni di fare qualche gara, su trail, su asfalto o quel che sarà. Intanto mi sto godendo le uscite mie.
Chiara è stata super, mi ha capito in pieno e mi sta aiutando un sacco. Davvero a fine agosto ci ero rimasto male a non riuscire a correre praticamente mai. Queste domeniche mattina mi stanno facendo proprio bene. 
Ho ricevuto delle chiamate, che mi hanno fatto molto piacere, di amici che mi chiedono del Trail Autogestito del Carso Isontino. Ancora non so se riuscirò ad organizzarlo, le discese nella Venezia Giulia sono sempre più complesse. Mi rimane una sola possibilità, ovvero il fine settimana del 17/18 novembre. Dovrei essere a Gorizia per un convegno il venerdì, magari si riesce ad allungare la permanenza. Speriamo. 

mercoledì 19 settembre 2012

Quaranta. Non certo km...

Venerdì ho raggiunto la quota -anta.  
Il giorno capitava alla fine di un grosso convegno organizzato dal mio Istituto, così ho invitato amici e colleghi a festeggiare a casa: un bel modo per chiudere quattro giorni di lavoro davvero intensi. Certo è una bella fortuna, quella di trovare un gruppo di lavoro con il quale si vive benissimo anche fuori dalla storia. La serata passava così, allegra e tranquilla, ma avevo fatto i conti senza l'oste. 
Che poi l'oste sarebbe Chiara, e non quello che ha consigliato il regalo di uno strepitoso rum d'annata. 

Io chiacchiero ed ecco che ti fanno irruzione con cappellini e trombette gli amiconi di infanzia, Gis e Cristiano con Elisa, loro che si sono fatti più di 200 km per venirmi a dire "auguri". Lacrimuccia di commozione, più d'una in verità.
Si chiama festa a sorpresa. E quanta sorpresa, che non finisce qui.
La serata scorre bella bellissima, "tuto bene", direbbe quella chiacchierona di Mateja. 
Gli amici viaggianti si fermano a dormire da noi, il mattino del sabato ha tutta l'aria di una festa che continua. 

Chiara dice prendiamo la macchina e andiamo in un posto. Ha coinvolto gli amici colleghi Giovanni&Miriam, oltre a GisCristianoElisa. E noi tre. Montagna. La Clio prende strade che non conosco e si ferma ad un parcheggio che indica "Malga Cimana". Date un occhio qui e ditemi voi... Continuo a non saperne niente e al parcheggio si ferma una macchina. Sono Chiara e Samuele, freschi di matrimonio (il proprio), che oggi arrivano da Milano. Apposta. 
La camminata è bellissima, molto bosco da godersi chiacchierando e lasciandosi prendere anche da momenti di contemplazione. Mateja è nello zaino e capisce a fondo l'atmosfera di festa, coccolosa addirittura. Malga. Pronti per il pranzo, ma Chiara mi dice che il menù è già fatto. Cento ne pensa, altrettante ne fa. È uno scorrere dei miei cibi preferiti, uno dopo l'altro. Gnam gnam. Sarebbe ora forse di tornare a casa, ma la tirano in lungo. Vabbè, hanno ragione loro. E arrivano anche Livia e Alessio, con i pargoli Daniele ed Elisa. Altri amici veri, altra sorpresa, altre emozioni. 

E arriva il regalone con il quale sto scrivendo. E arriva ancora l'amica lacrimuccia. E arrivano telefonate di altri amici che avrebbero voluto partecipare e non hanno potuto. Mi sento circondato. È davvero bello.
La regia di Chiara è magistrale. Non avevo subodorato nulla. 
Sono un ragazzo fortunato.

lunedì 27 agosto 2012

Caro blog, è il momento di prendersi una pausa


Sono deluso, inutile cercare di nasconderlo con formule grondanti ottimismo e scarsa sincerità.
Ho iniziato questo blog pensando di raccontare il procedere di anni di avventura nel trail e nelle corse di lunga distanza. Questo blog, tradendo gli scopi per i quali è stato generato, testimonia invece speranze fittizie e concrete delusioni, tanto che negli ultimi tempi mi ero perfino autocensurato, nell'ottica di una buffa scaramanzia, evitando di dire quali erano i miei progetti.


Ora che, per l'ennesima volta, questi progetti li cancello, li metto “su carta”. E poi me ne vado per un po'.


Volevo fare la sei ore di Buttrio (Ud), cercando di mettere nel circuito il meglio di me e contando poi a quanti km corrispondesse.


Volevo regalarmi un fine settimana lungo a Klagenfurt per il mio quarantesimo compleanno e correre lì il trail del Woerthersee, che mi pare ammonti a 56 km.


Non farò nulla di tutto questo.


Non riesco ad allenarmi a sufficienza, non riesco a trovare il tempo. Credevo di poter raccogliere una settimana di buona corsa durante le ferie da mare che sto trascorrendo in Salento. Credevo di riuscire a fare un lungo da quaranta km circa. Credevo e basta.


Non sono problemi fisici, è “semplicemente” finire di far finta e capire che non sono (ancora?) quel tipo di atleta là, che non sono capace di tarare al meglio gli impegni per trovare lo spazio da dedicare agli allenamenti. Crescendo magari imparerò.


Mi volto indietro e vedo che, di cose lunghe, nel 2011 ho corso l'Urban Trail di Lione. E basta.


Nel 2012 la sei ore di Venezia. E basta.


Ma continuo a sognare 100 miglia, a guardare il sito della Western States per individuare le gare qualificanti e ipotizzare fumose trasferte. Credo di aver raggiunto un livello in cui la mia vita da ultratrailer / ultramaratoneta assomigli più all'astrazione del videogioco che alla realtà delle gambe.


Lo so che non ci sarà mai un momento in cui ci si sente davvero pronti per una gara davvero lunga, ma ho accumulato quel minimo di esperienza che mi aiuta a capire: con i miei ritmi di allenamento il non sentirsi pronti è una semplice constatazione della immutabile realtà.


Che fare?


Per il momento, smettere di porsi obiettivi che non sono capace di raggiungere … correre (ma in generale allenarsi) con la dovuta umiltà … familiarizzare con il principio di realtà … prendersi una pausa dal blog …

domenica 19 agosto 2012

Il tessuto più traspirante.

Il tessuto più traspirante.
Un impagabile siparietto di Deejay chiama Italia, protagonisti Linus e Aldo Rock mi è rimasto nelle ganasce sorridenti. Linus serve l'assist all'Aldo: "Uomo, tu mi insegni che il tessuto più traspirante è...". Con occhio incerto e stupito arriva la risposta "il goretex", dimenticando, l'Aldo, che in una puntata precedente aveva insegnato come fosse la pelle umana, il tessuto più traspirante. A scriverla non vale certo come a vederla, purtroppo però non l'ho trovata su youtube.
Tutto questo per dire che correre a torso nudo è davvero tanto, ma tanto, comodo. Del resto, se così non fosse, gli ultrarunner americani non sarebbero così affezionati al tessuto più traspirante in natura. Per fregare almeno in parte il caldo, stamattina ho messo la sveglia alle 7.15 e dopo una veloce colazione sono partito da casa, un breve tratto di riscaldamento, il tempo di passare il centro di Rovereto e togliere la canotta di ordinanza, poi si sale. Montrail ai piedi, calzoncini, cappellino e due borracce a mano. Il percorso è noto: salgo alla Campana de Caduti, scendo verso l'Ossario, salgo attraverso la Strada degli Artiglieri, raggiungo le piste dei dinosauri, poi Fungo di Albaredo, Albaredo e giù verso Rovereto. Da un po' di tempo, tra polpaccio e Olimpiadi, non trailavo. Che goduria! Non avevo con me misuratori di distanza e dislivello (scarichi), ma conosco il giro per supporre all'incirca 22-23km, 750 D+, in tre ore scarse. Tutto compreso, anche le pause panorama. Mi sono goduto molta ombra, ho corso per le mie possibilità molto, visto che le salite scelte sono, appunto, corribili. E sono arrivato a casa al momento dello spuntare del caldo più feroce. Peccato solo per quelle poche centinaia di metri in canottiera. Anche se traspira.

domenica 12 agosto 2012

Diario olimpico (8) - this is the end

Di là stanno guardando la cerimonia di chiusura: non credo di averne mai vista una in vita mia. Mettono tristezza e non dicono molto, forse proprio nulla, ad un purista dello (o meglio detto ammmalato di) sport quale io sono. Di qua scrivo il blog ticchettando sui tasti virtuali del giocattolo ipad della cugina Cristina. Bel giocattolo proprio, detto per inciso.
Ieri sera ho visto l'ultima partita dal vivo. È stata per me un'Olimpiade tanto strana quanto avvincente. Nei giorni in cui ero ancora in Italia ho lavorato e seguito a spizzichi quello che ho potuto seguire. Nei giorni in cui sono stato qui in Inghilterra, prima ad Oxford e poi a Londra, ho seguito gli avvenimenti cercandoli dal vivo, con poca televisione e tanta internet: ipad, ipod, wireless, application... Tutte cose che quattro anni fa neppure pensavo di poter avere. E tra quattro anni come sarà? E già, perché è ovvio che a tra quattro anni mi viene da pensare. Rio de Janeiro! E ancora: non ho letto neppure un giornale cartaceo, fatta eccezione per un paio di gratuiti trovati sul treno. Pensare che prima collezionavo Gazzette olimpiche!
L'organizzazione londinese è stata super ma con un baco grosso come una casa. Ottimi i trasporti, gli accessi ai vari luoghi olimpici, la gestione degli ingressi ad arene e palazzetti. Ma cacchio: i biglietti! Da più di un anno sono stato a sbavare su questi fucking tickets, provando e riprovando. Poi leggi di tutti esauriti per qualsiasi cosa e vedi un sacco di stadi (o simili) mezzi vuoti. Dove sono finiti decine di migliaia di posti? Chi ha comprato la finale dei 10.000 al posto mio e non ci è andato? Chi la finale di pallanuoto? Chi si è dimenticato di metterle in vendita? Tanto per dire le cose che ho cercato di più, senza contare la finale di basket, che hanno rimesso in vendita troppo tardi per le nostre possibilità organizzative. I posti vuoti li ho visti ovunque con i miei occhi, così come gli stessi occhi non hanno visto bagarini. Questo è un bene. Ma il mistero rimane. Come rimane la gioia, la soddisfazione e quasi l'orgoglio di capire che essere ammalati di sport è un gran bel male. Bello essere stato al posto giusto per alimentare la voglia, esserci stato con Chiara e Mateja è il valore in più. 
Ma.... Perché è già finita? Chi mi cura la depressione post Olimpia?

sabato 11 agosto 2012

Diario olimpico (7) In attesa dell'ultimo biglietto.

Diario olimpico (7) In attesa dell'ultimo biglietto.
L'indigestione di basket sta per finire, purtroppo. L'abbuffata mi sta facendo un gran bene. Tra poche ore vedrò la finalissima femminile USA-Francia, mio ultimo appuntamento olimpico live. Domani ci sarebbe la maratona, ma dubito di riuscire ad andarci. Chiara e Cristina hanno ricevuto dei biglietti per i cavalli del pentathlon (una cosa a cui neppure io avevo pensato); non le invidio, ma la logistica attuale sconsiglia la presenza mia e di Mateja sulle strade di maratona. Ora mi godo un attimo di relax, dopo che la mattinata è trascorsa sul percorso della marcia 50 km. È stato l'esordio olimpico di Mateja, taggata addirittura su facebook dalla "zia Tina". Inutile dire che mi è venuta l'acquolina in bocca pensando a possibili future gare in circuito. Solo che io al confronto sono davvero una lumaca: loro corrono e io cammino.
Manca poco, ma sulla penna (o sull'ipod) mi resta ancora da raccontare. A presto.


Claudio Ferlan

venerdì 10 agosto 2012

Diario olimpico (6) - la giornata perfetta...

Diario olimpico (6) - la giornata perfetta...
... O la giornata del folle? Martedì 6 agosto. Mi sono svegliato alle 4.55 e sono andato a dormire alle 3 del giorno dopo. Per dirla con Forrest Gump: ero un po' stanchino. Al netto di viaggi e spostamenti sono stato 16 ore al Parco olimpico... sai che noia, direbbe qualcuno. Non io, però.
Ho iniziato con l'hockey: sport che non conosco e mi incuriosisce. Mi sono letto la versione breve del regolamento e vai che sono pronto. Con buona dose di buona sorte ho potuto seguire due delle squadre (maschili) migliori del novero: Olanda, contro Corea, e Australia, contro Pakistan. Mi sono divertito un sacco, specie a seguire i portieri, sguardo suggerito dal mio passato calcistico tra i pali e dalla posizione sugli spalti.
Poi pausa pranzo con annessa visita, dall'esterno purtroppo, allo stadio olimpico. E di seguito: basket time, perché quello è il MIO sport. Quale basket? Per ora quattro su quattro quarti di finale femminile, in ordine e con precedenza ai vincitori: USA-Canada, Australia-Cina, Russia-Turchia, Francia-Rep. Ceca. Mi hanno chiesto: ma non ti rompi le balle a vedere quattro partite di basket di fila? Ho sorriso, pensando fosse una battuta; non lo era. Sui dettagli magari mi dilungo sul blog del basket che raramente aggiorno; qui mi limito a levarmi metaforicamente il cappello al cospetto della playmaker francese Dumerc. Basket ce ne sarà ancora parecchio, con ottima parità tra i sessi.
Con tutto questo sportwatching mi manca la pratica, ma ho trovato un'alternativa: gli spostamenti a piedi li faccio a passo di marcia, qualche volta anche di corsa.
E ho rinunciato da tempo all'infondata pretesa di essere valutato completamente sano di mente.


Claudio Ferlan

martedì 7 agosto 2012

Diario olimpico (5) - Il giorno della sconfitta.

Il giorno della sconfitta.
Perché con grande tristezza di questa cosa qui voglio scrivere. Avevo comprato i biglietti per Mateja, oltre che per Cristina, Chiara e me. Regalo a sorpresa. Credevo potesse essere la più bella medaglia d'Italia, quella della marcia 50 km. Il grande fascino dello sport di fatica, il campione olimpico uscente: una gara da vivere e raccontare. La vivremo ugualmente, ma con quanta amarezza! E senza il campione, perché lui si è dopato. È una buona notizia per lo sport che lo abbiano beccato. Sto trascorrendo una giornata da full immersion olimpica (ne parlerò nel prossimo diario), senza connessione. Conosco poco i commenti, solo quelli dell'appena accaduto. Ho letto accuse pesanti. Sacrosante. Mi viene però da aggiungere: mi sembra che Alex Schwazer sia un uomo che sta male, uno a cui si è rotto qualcosa. Ricordo la sua sofferenza dopo gli Europei dello scorso anno, quel "non mi diverto più" che aveva l'eco di una richiesta di aiuto. Questo non scusa nulla, magari spiega qualcosa. Speriamo che il passato fosse pulito. Era il mio atleta preferito sull'applicazione London 2012, ho comprato il suo libro per leggerlo in tempo olimpico, l'ho finito di leggere sul treno che mi porta a vedere i Giochi. Ma abbiamo perso. Perso così male che peggio non si può.


Claudio Ferlan

lunedì 6 agosto 2012

Diario olimpico (4) - Oro

Dopo vent'anni mi godo dal vivo un oro olimpico italiano nel fioretto a squadre.
Vent'anni fa... fa impressione a dirlo, scriverlo e pensarlo. Eppure era proprio il 1992 quando l'amico Gigi ed io andammo a Barcellona, giovani e olimpici. In treno da Monfalcone con tappa a Genova. Svegli nella notte di viaggio a custodire i preziosi biglietti. Lì poi ci appassionammo alla scherma, spettatori entusiasti dell'immancabile oro del fioretto a squadre femminile.
Sarà pure grazie alla memoria sedimentata dal '92 che al momento di partecipare alla riffa per i biglietti di Londra 2012 ho puntato, e consigliato di puntare, sulle lame italiane. Niente fioretto donne alla riffa, ma altre armi da dividere in famiglia. Così il bronzo della sciabola lo hanno visto Chiara e cugina Cristina e a me, fortunato, è toccato l'oro dell'altro fioretto, quello degli uomini. Gran bello sport, la scherma. E rimango dell'idea maturata in quel di Barcellona: dal vivo si capisce molto più che in tv. Sport che unisce tecnica, atletismo e testatantatesta. Finale molto emozionante, sempre in bilico con l'Italia un po' a inseguire, un po' a cercare di scappare. Senza riuscirci, fino all'ultimo assalto da manuale. Quello in cui Baldini cambia il giubbino, indossa quello da Zorro e si gode in ginocchio l'oro di Olimpia.


Claudio Ferlan

venerdì 3 agosto 2012

Diario olimpico (3) - arrivati! E bisogna saper perdere

Eccoci! Dopo un viaggio con ritardi abbiamo posato le zampe sul suolo inglese. Mentre bloggo, Chiara e cugina Cristina si stanno avvicinando al proprio esordio olimpico, che sarà la finale della spada maschile a squadre; Italia per il bronzo. Io invece, sintonizzato BBC, aspetto che Mateja finisca la sua nanna e poi la porto in giro per Oxford appollaiata nello zaino. Il mio esordio sarà per domani (se trovo biglietti) o domenica. E intanto mi rattristo per il nuoto italiano (almeno finora), che sta facendo amarissima figura ancor più fuori che dentro la vasca. Perché purtroppo da noi manca la cultura sportiva, quella che insegue la vittoria accettando la sconfitta. Prima di dedicare due righe all'impeccabile Magnini, un paio di esempi:ho visto allenatori di bambine di 13 anni imborgliare le regole del basket per stravincere e non vincere. Restando olimpici: ho letto commentatori e giornalisti dire dei tuffi di Cagnotto Dellapè che si è quarti per colpa delle giurie, quando invece il commento di chi se ne intende aveva ben altro tenore. Ci sevono alibi e scorciatioie, ce le insegnano fin da piccoli: difendiamoci! Avanti, cultura dello sport!
E saranno questi gli insegnamenti con cui è cresciuto il capitano del nuoto, caposquadra dalla vacillante moralità e leadership, lui che dà la colpa a tutti tranne che a sé. Distinguiamo per favore, perché la sua fidanzata Federica ha fatto due quinti posti olimpici, giustamente un campione non se ne può accontentare, ma sono due quinti posti olimpici. Diciannovesimo in batteria è diverso.
Chi insegna a perdere è la portabandiera Vezzali, quella che lucidamente commenta un terzo posto come una sconfitta amara, la stessa sconfitta dell'argento di Errigo. Ma per vincere ci sono altri quattro anni, anche se andrai oltre i quaranta. E per vincere c'è la squadra, che strapazza tutti e continua in gloria. E per vincere bisogna saper perdere, perché come dice il grande Federer: quando vinco non dimentico quanto ho perso.

lunedì 30 luglio 2012

Diario Olimpico (2). Rai matrigna e Italia armata.

Ancora qualche brandello di Olimpiade televisiva e poi sarà tutto live. 
Questo fine settimana da telespettatore ha lasciato molta perplessità. Capisco che la Rai non si sia potuta aggiudicare l'asta olimpica, a fronte della concorrenza di Sky. Anzi. Non capisco. Parliamo di due pay-tv, una delle quali spende cifre oscene per cose come Sanremo, l'Isola dei Famosi e robaccia simile. Ma facciamo finta di capire. E chiediamoci perché durante gli innumerevoli TG2 i collegamenti scompaiano: sabato a ora di pranzo, su Raisport 1 campeggiava l'avviso "Gare Olimpiche" mentre andavano dei servizi sui Mondiali di Calcio del 1962. Domenica, sempre con lo stesso avviso, era la volta del Giro d'Italia 1983. Rifacciamo finta di capire, ma queste cose qui puzzano tremendamente di presa per i fondelli.
Poi mi chiedo come mai le Olimpiadi Rai siano seguite da giornalisti ed ex-atleti competenti, mentre per gli Europei appena finiti abbiamo goduto di commentatori o che di calcio non capiscono una mazza o che di lingua italiana non capiscono una suddetta mazza. Che il calcio sia il posto dove collocare amici, amichetti, cugini, portaborse, mazzettari e benpensanti? Che sia? 
Lunga vita agli sport tremendamente minori, riconosciuti a cadenza quadriennale. E veniamo alla fine. A quella fine che racconta di italiani brava gente che primeggia nelle armi da duello storico: lame e frecce, pistole e fucili. Qui si vince, siore e siori, richiamando una tradizione millenaria di campanili litigiosi. Vedete che la storia serve a spiegare le cose?
Siamo gente del Rinascimento.