lunedì 27 agosto 2012

Caro blog, è il momento di prendersi una pausa


Sono deluso, inutile cercare di nasconderlo con formule grondanti ottimismo e scarsa sincerità.
Ho iniziato questo blog pensando di raccontare il procedere di anni di avventura nel trail e nelle corse di lunga distanza. Questo blog, tradendo gli scopi per i quali è stato generato, testimonia invece speranze fittizie e concrete delusioni, tanto che negli ultimi tempi mi ero perfino autocensurato, nell'ottica di una buffa scaramanzia, evitando di dire quali erano i miei progetti.


Ora che, per l'ennesima volta, questi progetti li cancello, li metto “su carta”. E poi me ne vado per un po'.


Volevo fare la sei ore di Buttrio (Ud), cercando di mettere nel circuito il meglio di me e contando poi a quanti km corrispondesse.


Volevo regalarmi un fine settimana lungo a Klagenfurt per il mio quarantesimo compleanno e correre lì il trail del Woerthersee, che mi pare ammonti a 56 km.


Non farò nulla di tutto questo.


Non riesco ad allenarmi a sufficienza, non riesco a trovare il tempo. Credevo di poter raccogliere una settimana di buona corsa durante le ferie da mare che sto trascorrendo in Salento. Credevo di riuscire a fare un lungo da quaranta km circa. Credevo e basta.


Non sono problemi fisici, è “semplicemente” finire di far finta e capire che non sono (ancora?) quel tipo di atleta là, che non sono capace di tarare al meglio gli impegni per trovare lo spazio da dedicare agli allenamenti. Crescendo magari imparerò.


Mi volto indietro e vedo che, di cose lunghe, nel 2011 ho corso l'Urban Trail di Lione. E basta.


Nel 2012 la sei ore di Venezia. E basta.


Ma continuo a sognare 100 miglia, a guardare il sito della Western States per individuare le gare qualificanti e ipotizzare fumose trasferte. Credo di aver raggiunto un livello in cui la mia vita da ultratrailer / ultramaratoneta assomigli più all'astrazione del videogioco che alla realtà delle gambe.


Lo so che non ci sarà mai un momento in cui ci si sente davvero pronti per una gara davvero lunga, ma ho accumulato quel minimo di esperienza che mi aiuta a capire: con i miei ritmi di allenamento il non sentirsi pronti è una semplice constatazione della immutabile realtà.


Che fare?


Per il momento, smettere di porsi obiettivi che non sono capace di raggiungere … correre (ma in generale allenarsi) con la dovuta umiltà … familiarizzare con il principio di realtà … prendersi una pausa dal blog …

domenica 19 agosto 2012

Il tessuto più traspirante.

Il tessuto più traspirante.
Un impagabile siparietto di Deejay chiama Italia, protagonisti Linus e Aldo Rock mi è rimasto nelle ganasce sorridenti. Linus serve l'assist all'Aldo: "Uomo, tu mi insegni che il tessuto più traspirante è...". Con occhio incerto e stupito arriva la risposta "il goretex", dimenticando, l'Aldo, che in una puntata precedente aveva insegnato come fosse la pelle umana, il tessuto più traspirante. A scriverla non vale certo come a vederla, purtroppo però non l'ho trovata su youtube.
Tutto questo per dire che correre a torso nudo è davvero tanto, ma tanto, comodo. Del resto, se così non fosse, gli ultrarunner americani non sarebbero così affezionati al tessuto più traspirante in natura. Per fregare almeno in parte il caldo, stamattina ho messo la sveglia alle 7.15 e dopo una veloce colazione sono partito da casa, un breve tratto di riscaldamento, il tempo di passare il centro di Rovereto e togliere la canotta di ordinanza, poi si sale. Montrail ai piedi, calzoncini, cappellino e due borracce a mano. Il percorso è noto: salgo alla Campana de Caduti, scendo verso l'Ossario, salgo attraverso la Strada degli Artiglieri, raggiungo le piste dei dinosauri, poi Fungo di Albaredo, Albaredo e giù verso Rovereto. Da un po' di tempo, tra polpaccio e Olimpiadi, non trailavo. Che goduria! Non avevo con me misuratori di distanza e dislivello (scarichi), ma conosco il giro per supporre all'incirca 22-23km, 750 D+, in tre ore scarse. Tutto compreso, anche le pause panorama. Mi sono goduto molta ombra, ho corso per le mie possibilità molto, visto che le salite scelte sono, appunto, corribili. E sono arrivato a casa al momento dello spuntare del caldo più feroce. Peccato solo per quelle poche centinaia di metri in canottiera. Anche se traspira.

domenica 12 agosto 2012

Diario olimpico (8) - this is the end

Di là stanno guardando la cerimonia di chiusura: non credo di averne mai vista una in vita mia. Mettono tristezza e non dicono molto, forse proprio nulla, ad un purista dello (o meglio detto ammmalato di) sport quale io sono. Di qua scrivo il blog ticchettando sui tasti virtuali del giocattolo ipad della cugina Cristina. Bel giocattolo proprio, detto per inciso.
Ieri sera ho visto l'ultima partita dal vivo. È stata per me un'Olimpiade tanto strana quanto avvincente. Nei giorni in cui ero ancora in Italia ho lavorato e seguito a spizzichi quello che ho potuto seguire. Nei giorni in cui sono stato qui in Inghilterra, prima ad Oxford e poi a Londra, ho seguito gli avvenimenti cercandoli dal vivo, con poca televisione e tanta internet: ipad, ipod, wireless, application... Tutte cose che quattro anni fa neppure pensavo di poter avere. E tra quattro anni come sarà? E già, perché è ovvio che a tra quattro anni mi viene da pensare. Rio de Janeiro! E ancora: non ho letto neppure un giornale cartaceo, fatta eccezione per un paio di gratuiti trovati sul treno. Pensare che prima collezionavo Gazzette olimpiche!
L'organizzazione londinese è stata super ma con un baco grosso come una casa. Ottimi i trasporti, gli accessi ai vari luoghi olimpici, la gestione degli ingressi ad arene e palazzetti. Ma cacchio: i biglietti! Da più di un anno sono stato a sbavare su questi fucking tickets, provando e riprovando. Poi leggi di tutti esauriti per qualsiasi cosa e vedi un sacco di stadi (o simili) mezzi vuoti. Dove sono finiti decine di migliaia di posti? Chi ha comprato la finale dei 10.000 al posto mio e non ci è andato? Chi la finale di pallanuoto? Chi si è dimenticato di metterle in vendita? Tanto per dire le cose che ho cercato di più, senza contare la finale di basket, che hanno rimesso in vendita troppo tardi per le nostre possibilità organizzative. I posti vuoti li ho visti ovunque con i miei occhi, così come gli stessi occhi non hanno visto bagarini. Questo è un bene. Ma il mistero rimane. Come rimane la gioia, la soddisfazione e quasi l'orgoglio di capire che essere ammalati di sport è un gran bel male. Bello essere stato al posto giusto per alimentare la voglia, esserci stato con Chiara e Mateja è il valore in più. 
Ma.... Perché è già finita? Chi mi cura la depressione post Olimpia?

sabato 11 agosto 2012

Diario olimpico (7) In attesa dell'ultimo biglietto.

Diario olimpico (7) In attesa dell'ultimo biglietto.
L'indigestione di basket sta per finire, purtroppo. L'abbuffata mi sta facendo un gran bene. Tra poche ore vedrò la finalissima femminile USA-Francia, mio ultimo appuntamento olimpico live. Domani ci sarebbe la maratona, ma dubito di riuscire ad andarci. Chiara e Cristina hanno ricevuto dei biglietti per i cavalli del pentathlon (una cosa a cui neppure io avevo pensato); non le invidio, ma la logistica attuale sconsiglia la presenza mia e di Mateja sulle strade di maratona. Ora mi godo un attimo di relax, dopo che la mattinata è trascorsa sul percorso della marcia 50 km. È stato l'esordio olimpico di Mateja, taggata addirittura su facebook dalla "zia Tina". Inutile dire che mi è venuta l'acquolina in bocca pensando a possibili future gare in circuito. Solo che io al confronto sono davvero una lumaca: loro corrono e io cammino.
Manca poco, ma sulla penna (o sull'ipod) mi resta ancora da raccontare. A presto.


Claudio Ferlan

venerdì 10 agosto 2012

Diario olimpico (6) - la giornata perfetta...

Diario olimpico (6) - la giornata perfetta...
... O la giornata del folle? Martedì 6 agosto. Mi sono svegliato alle 4.55 e sono andato a dormire alle 3 del giorno dopo. Per dirla con Forrest Gump: ero un po' stanchino. Al netto di viaggi e spostamenti sono stato 16 ore al Parco olimpico... sai che noia, direbbe qualcuno. Non io, però.
Ho iniziato con l'hockey: sport che non conosco e mi incuriosisce. Mi sono letto la versione breve del regolamento e vai che sono pronto. Con buona dose di buona sorte ho potuto seguire due delle squadre (maschili) migliori del novero: Olanda, contro Corea, e Australia, contro Pakistan. Mi sono divertito un sacco, specie a seguire i portieri, sguardo suggerito dal mio passato calcistico tra i pali e dalla posizione sugli spalti.
Poi pausa pranzo con annessa visita, dall'esterno purtroppo, allo stadio olimpico. E di seguito: basket time, perché quello è il MIO sport. Quale basket? Per ora quattro su quattro quarti di finale femminile, in ordine e con precedenza ai vincitori: USA-Canada, Australia-Cina, Russia-Turchia, Francia-Rep. Ceca. Mi hanno chiesto: ma non ti rompi le balle a vedere quattro partite di basket di fila? Ho sorriso, pensando fosse una battuta; non lo era. Sui dettagli magari mi dilungo sul blog del basket che raramente aggiorno; qui mi limito a levarmi metaforicamente il cappello al cospetto della playmaker francese Dumerc. Basket ce ne sarà ancora parecchio, con ottima parità tra i sessi.
Con tutto questo sportwatching mi manca la pratica, ma ho trovato un'alternativa: gli spostamenti a piedi li faccio a passo di marcia, qualche volta anche di corsa.
E ho rinunciato da tempo all'infondata pretesa di essere valutato completamente sano di mente.


Claudio Ferlan

martedì 7 agosto 2012

Diario olimpico (5) - Il giorno della sconfitta.

Il giorno della sconfitta.
Perché con grande tristezza di questa cosa qui voglio scrivere. Avevo comprato i biglietti per Mateja, oltre che per Cristina, Chiara e me. Regalo a sorpresa. Credevo potesse essere la più bella medaglia d'Italia, quella della marcia 50 km. Il grande fascino dello sport di fatica, il campione olimpico uscente: una gara da vivere e raccontare. La vivremo ugualmente, ma con quanta amarezza! E senza il campione, perché lui si è dopato. È una buona notizia per lo sport che lo abbiano beccato. Sto trascorrendo una giornata da full immersion olimpica (ne parlerò nel prossimo diario), senza connessione. Conosco poco i commenti, solo quelli dell'appena accaduto. Ho letto accuse pesanti. Sacrosante. Mi viene però da aggiungere: mi sembra che Alex Schwazer sia un uomo che sta male, uno a cui si è rotto qualcosa. Ricordo la sua sofferenza dopo gli Europei dello scorso anno, quel "non mi diverto più" che aveva l'eco di una richiesta di aiuto. Questo non scusa nulla, magari spiega qualcosa. Speriamo che il passato fosse pulito. Era il mio atleta preferito sull'applicazione London 2012, ho comprato il suo libro per leggerlo in tempo olimpico, l'ho finito di leggere sul treno che mi porta a vedere i Giochi. Ma abbiamo perso. Perso così male che peggio non si può.


Claudio Ferlan

lunedì 6 agosto 2012

Diario olimpico (4) - Oro

Dopo vent'anni mi godo dal vivo un oro olimpico italiano nel fioretto a squadre.
Vent'anni fa... fa impressione a dirlo, scriverlo e pensarlo. Eppure era proprio il 1992 quando l'amico Gigi ed io andammo a Barcellona, giovani e olimpici. In treno da Monfalcone con tappa a Genova. Svegli nella notte di viaggio a custodire i preziosi biglietti. Lì poi ci appassionammo alla scherma, spettatori entusiasti dell'immancabile oro del fioretto a squadre femminile.
Sarà pure grazie alla memoria sedimentata dal '92 che al momento di partecipare alla riffa per i biglietti di Londra 2012 ho puntato, e consigliato di puntare, sulle lame italiane. Niente fioretto donne alla riffa, ma altre armi da dividere in famiglia. Così il bronzo della sciabola lo hanno visto Chiara e cugina Cristina e a me, fortunato, è toccato l'oro dell'altro fioretto, quello degli uomini. Gran bello sport, la scherma. E rimango dell'idea maturata in quel di Barcellona: dal vivo si capisce molto più che in tv. Sport che unisce tecnica, atletismo e testatantatesta. Finale molto emozionante, sempre in bilico con l'Italia un po' a inseguire, un po' a cercare di scappare. Senza riuscirci, fino all'ultimo assalto da manuale. Quello in cui Baldini cambia il giubbino, indossa quello da Zorro e si gode in ginocchio l'oro di Olimpia.


Claudio Ferlan

venerdì 3 agosto 2012

Diario olimpico (3) - arrivati! E bisogna saper perdere

Eccoci! Dopo un viaggio con ritardi abbiamo posato le zampe sul suolo inglese. Mentre bloggo, Chiara e cugina Cristina si stanno avvicinando al proprio esordio olimpico, che sarà la finale della spada maschile a squadre; Italia per il bronzo. Io invece, sintonizzato BBC, aspetto che Mateja finisca la sua nanna e poi la porto in giro per Oxford appollaiata nello zaino. Il mio esordio sarà per domani (se trovo biglietti) o domenica. E intanto mi rattristo per il nuoto italiano (almeno finora), che sta facendo amarissima figura ancor più fuori che dentro la vasca. Perché purtroppo da noi manca la cultura sportiva, quella che insegue la vittoria accettando la sconfitta. Prima di dedicare due righe all'impeccabile Magnini, un paio di esempi:ho visto allenatori di bambine di 13 anni imborgliare le regole del basket per stravincere e non vincere. Restando olimpici: ho letto commentatori e giornalisti dire dei tuffi di Cagnotto Dellapè che si è quarti per colpa delle giurie, quando invece il commento di chi se ne intende aveva ben altro tenore. Ci sevono alibi e scorciatioie, ce le insegnano fin da piccoli: difendiamoci! Avanti, cultura dello sport!
E saranno questi gli insegnamenti con cui è cresciuto il capitano del nuoto, caposquadra dalla vacillante moralità e leadership, lui che dà la colpa a tutti tranne che a sé. Distinguiamo per favore, perché la sua fidanzata Federica ha fatto due quinti posti olimpici, giustamente un campione non se ne può accontentare, ma sono due quinti posti olimpici. Diciannovesimo in batteria è diverso.
Chi insegna a perdere è la portabandiera Vezzali, quella che lucidamente commenta un terzo posto come una sconfitta amara, la stessa sconfitta dell'argento di Errigo. Ma per vincere ci sono altri quattro anni, anche se andrai oltre i quaranta. E per vincere c'è la squadra, che strapazza tutti e continua in gloria. E per vincere bisogna saper perdere, perché come dice il grande Federer: quando vinco non dimentico quanto ho perso.