sabato 14 dicembre 2013

Chi porta da mangiare?

Ci sono un filosofo, un ingegnere e uno storico… sembra l'inizio di una barzelletta, ma non è corretto: è l'inizio di una cosa divertente che ora è arrivata non alla fine ma a un risultato. Un libro.
Il filosofo e l'ingegnere coinvolgono lo storico in una storia interessante: raccontare il cibo da differenti punti di vista. L'occasione è il lancio di BringTheFood, un'applicazione fatta per mettere in contatto chi ha del cibo in eccesso e lo vuole donare con chi, vicino a lui, è in cerca di risorse alimentari da garantire a quelli che ne hanno bisogno. L'applicazione è stata creata da un centro della mia Fondazione:  http://ict4g.org/home/index.html.
Così cominciamo a lavorare (lo storico sono io, come immagino non fosse difficile capire) e prima proponiamo un discorso sul cibo tra attualità, filosofia e storia alla Notte dei Ricercatori. La serata funziona alla grande e ripetiamo: organizziamo una serata coinvolgendo altre persone che parlano di bere e mangiare. Teologia, comunicazione, biologia, politica… quasi tutti parlano di cibo. Non basta. Decidiamo di fare un libro e arrivano a farci compagnia anche sociologia, antropologia e, ci mancherebbe, alta cucina. L'editore della nostra Fondazione (lavoriamo tutti e tre nello stesso posto, anche se in istituti diversi) sposa con entusiasmo l'idea. 
Sono dodici capitoli che raccontano il cibo da diversi punti di vista, dopo ogni capitolo uno chef si è lasciato ispirare per proporre una ricetta che a quello che ha appena letto rimandi. Non basta. Una mostra su arte e alimentazione ci ha concesso i diritti per delle belle immagini fotografiche, ci sono anche quelle. 
Ne nasce un libro che davvero ci piace un sacco.


Provate a dare un'occhiata alla scheda del libro, amati bloglettori: Chi porta da mangiare?. Secondo chi l'ha letto vale la pena. Il prezzo è assai contenuto, io non ho diritti d'autore, quindi la pubblicità è economicamente disinteressata. A me fa piacere far sapere che esiste. 

domenica 8 dicembre 2013

La frontera invisible, Kilian Jornet - Il secondo libro

Ho comprato "La frontera invisible" il giorno dell'uscita. Potenza dell'ebook. Non sapevo che Kilian stesse lavorando al suo secondo libro, è stata una sorpresa per me scoprire la sua esistenza e avere la possibilità di iniziare a leggerlo da subito. 
Fatto il preambolo, veniamo al dunque: una delusione. Sono arrivato alla fine solo perché ho voluto crederci fino in fondo, sperando in qualche spunto, qualche colpo di teatro che cambiasse la direzione monotona che il racconto prende fin dalle prime pagine. Non è successo niente. 
Lo schema narrativo è molto noto: prendere spunto da un viaggio reale (rielaborato nella finzione letteraria, come l'autore mette subito in chiaro) per raccontare un viaggio interiore. A ripercorrere schemi noti si rischia di essere banali, a meno di non avere qualche dono particolare nascosto nella penna, cosa che succede a pochi. Raccontando di alpinismo si dice di riflessioni, emozioni, amori, interpretazioni, sogni. La morte di un amico in un incidente in montagna mette in crisi il giovane campione, che cerca risposte agli enigmi della montagna andando in montagna. Tre volte "montagna" in una frase per dire che la protagonista assoluta è lei, più delle persone. Da qui il viaggio interiore, che si risolve in una serie di riflessioni raccontate non bene e rese ridondanti da ripetizioni frequenti e dialoghi per niente evoluti. 
Il viaggio reale è verosimile, ricostruito chiaramente su esperienze vissute in prima persona o comunque ben note attraverso la condivisione. Ma neppure questo viaggio ci porta alla meta: mi sono mancate le emozioni, la curiosità di attaccarsi alle parole per vedere come va a finire.
Non sempre si può vincere.  
Ma sono molto curioso di sapere se qualcuno la vede in maniera diversa. Magari sono stato io a non entrare nello spirito del libro, a perdermi qualcosa.