domenica 31 ottobre 2010

Mentre loro corrono sotto la pioggia...

... e in attesa del TA del Carso: 
l'occasione che diede origine a questo blog fu la partecipazione al Trail del Monte Casto, alla fine di quel post in cui descrivevo il mio trail breve di 21 km, concludevo con fondato ottimismo “il prossimo anno saranno 46”. Ero convinto di organizzarmi in modo da mettere in fila Ecomaratona del Chianti e Monte Casto lungo, appuntamento doppio da valutare – così nella mia previsione – come buona prova di trail da 100 km, che rimane il primo grande obiettivo di carriera. Così non è stato, ed anzi non ho corso né l'una, né l'altro. 
Il perché è facile dire. È nata Mateja e non ho voglia di andarmene da casa un fine settimana per trascorrerlo senza lei e senza Chiara, sia pure impreziosito da percorsi di rara bellezza. Già il lavoro a volte allontana, il piacere deve rimanere piacere senza forzature. E se i percorsi è presumibile che non si cancellino, Chiara riprenderà la forma necessaria e li percorreremo insieme. Nel verso senso della parola: pazienza, allora! Chianti e Casto, voi continuate a risplendere di propria bellezza, noi arriviamo. Magari a casaccio, magari lentamente e con giudizio, ma arriviamo. Noi due insieme, ché la terza è ancora piccola ma lo sarà sempre meno e presto imparerà a passare tre giorni con i nonni e senza tette.

sabato 30 ottobre 2010

TA del Carso Isontino - programma e conta

Aggiornamenti tecnici 
Sala parrocchiale prenotata, il prezzo è talmente modico da essere zero (al massimo si può raccogliere un'offerta).
Niente pasta, vista l'indeterminatezza dei partecipanti facciamo da noi!
Lode e gloria all'insostituibile amico Cristiano, che, ok, non è scagnozzo.
Meteo
Ultime previsioni consultate: nuvoloso senza pioggia, speriamo sia vero.


AGGIORNAMENTO - ISCRIZIONI
(gli indecisi con cui ho parlato hanno il giusto tempo, non siamo mica ad una gara organizzata!)
Pregovi inserire in commento cibarie portate!
Vale (blog) - 3°T rotolo e crostata
Agnese (blog) - 3°T - qualcosa
Farco (ST) - solo trail
Ronin (ST) - guarsici!
Amica Ronin (ST)
Davide (FB)
Enrico (FB)
Caio - birra, bevande

Passeggiata: 
Vari amici di Sagrado e dintorni sono, giustamente visto che ci sono anche dei bimbi piccoli piccoli, vincolati al Meteo.

Manca qualche giorno al TA e credo sia giunto il momento di dare qualche dettaglio e iniziare la conta dei presenti (senza fretta, ma con giudizio).
Ritrovo comune per trailer autogestiti e diportisti
Ore 9.30 stazione di Sagrado (GO)
Per chi preferisse il treno alla macchina: 
Trieste 8.56/Sagrado 9.28
Treviso 7.35 (Udine 8.56, stesso treno) / Sagrado 9.30
Predisposto il giro per amici e parenti che non corrono: dalla stazione  in macchina fino San Martino del Carso (ci sono posti in abbondanza per il breve trasferimento a beneficio di chi viene in treno) guidati da due o tre indigeni di fiducia. Parcheggio e passeggiata breve per raggiungere il Monte San Michele. Qui varie possibilità di visita a luoghi e memorie della Grande Guerra. Incrocio con i trailer (quanto lungo, dipende dal tempo atmosferico) e terzo tempo comune. 
Per chi corre: confermato il percorso già segnalato in precedenza nella guida fotografica. Ribadisco che il ritmo da tenere sarà quello del più lento, in caso di scollamenti, ad ogni bivio ci si conta. Non ci sono difficoltà tecniche, la strada è quasi interamente sterrata e caratterizzata da numerosi saliscendi. 22km circa. Giovedì o venerdì spero di riuscire a fare un ultimo giro di ricognizione.
Modesti consigli: lungo il percorso c'è una sola fontanella, quindi potrebbe essere utile una borraccia o bottiglietta. Scarpe non troppo leggere, ci sono sassi. Visto che ci fermeremo per foto e visioni panoramiche, abbigliamento non troppo estivo (io mi metto un mini k-way nel portaborraccia, ad esempio).
Terzo tempo: fondamentale. Rimango fedele all'idea dell'autogestione, pure se il mio scagnozzo di fiducia si sta attivando per concretizzare la fattibilità di una pasta comune. Nell'attesa di sapere quanti siamo la cosa più probabile è l'affitto (a prezzo assai modico) di una sala e il consumo del cibo portato dai trailer e dai camminatori. A questo proposito: è gradita l'indicazione di cosa si porta.
Non credo sia tutto, ma è qualcosa.

martedì 26 ottobre 2010

Telesport

Io non sono certo tra quelli che hanno deciso di vivere senza televisione, anche se ne capisco le ragioni. Non sono tra loro per un motivo soltanto: lo sport. Sono malato di sport, fin da bambino, tanto che il mio amico d'infanzia, adolescenza e maturità Gilbo sostiene – probabilmente a buon diritto – che io mi sia impegnato a far nascere una figlia femmina per poterla vestire del colore della Gazzetta. 
Di questa mia malattia si leggono frequenti tracce sull'amato blog. Non che io sia un semplice guardone, lo sapete: amo lo sport praticato prima ancora che osservato. E sono stato giocatore di calcio e soprattutto di basket, in microscopica parte persino di pallanuoto. Ho praticato per diporto ciclismo (su strada e in mountain bike), nuoto e un po' di tennis. E non parliamo di corsa e trail. Ho fatto e vorrei ancora fare l'allenatore di basket, trovando qui le maggiori soddisfazioni agonistiche della mia vita sportiva. Ho studiato a tavolino le regole di svariati sport e tra quelli che ho visto dal vivo ai massimi livelli, oltre a tutti quelli già citati (eccetto mountain bike) posso elencare con probabili dimenticanze: atletica leggera (olimpiadi e altro), pallavolo (quello che mi è piaciuto meno, nonostante fossero olimpiadi), hockey su ghiaccio (campionato tedesco), scherma (olimpiadi, bellissimo e molto più comprensibile dal vivo che in tv), canoa (olimpiadi), baseball (italiano e MLB), football (NFL), rugby (Nazionale), pallamano (finale scudetto), pugilato (olimpiadi). Per completezza: basket (di tutto, ma mi manca l'NBA ed è un'assenza che soffro), calcio (di tutto), pallanuoto (italiano e olimpiadi), nuoto (mondiali), tennis (Roma e Parigi in primis), ciclismo (Giro e Tour, anche italiani pista). 
Ma torniamo alla tv: è evidente credo, il motivo, del mio interesse per quello che un tempo era il tubo catodico. Sky però, secondo me, costa troppo e da qualche tempo sta svoltando verso il monotema calcio; ciò non toglie che all'epoca in cui vivevo con i miei l'allora Telepiù era un'ottima compagnia. Per noi malati c'è Sportitalia, che tra l'altro sta dedicando sempre più spazio al mio sport preferito, che rimane il basket. Poi da qualche tempo ho deciso per l'abbonamento a Dahlia: le partite dell'Udinese mi avevano tentato, ma non abbastanza; la Celtic League di basket idem; la svolta decisiva è stata l'NFL (football americano, lo chiamiamo noi) che non vedevo da anni. È stata la visione di qualche partita di questo splendido sport a suggerirmi il post: cosa mi ero perso, negli anni scorsi – visto che anche quando lo trasmettevano su Raisport io non la ricevevo, come a tutt'oggi non ricevo, nonostante io sia tra quelli che pagano perfino puntualmente il canone. Ultima nota su Dahlia: disorganizzati, direi pessimi nel servizio (segnale debole, ritardi mostruosi nell'attivazione), ma con un'offerta secondo me molto buona, anche per gli amanti del pugilato.
Per quanto sia bello lo sport alla tele però, l'emozione di uno stadio, un'arena, un palasport è davvero inimitabile: Chiara dice che in qualsiasi posto noi andiamo io trovo sempre qualche manifestazione da andare a sbirciare. Confermo.

domenica 24 ottobre 2010

Tutto casa e corsa, quel ragazzo

Sabato mattina sveglia clamorosamente tarda (la miglior notte da quando sono papà, non per merito di Mateja ma di Chiara) e giro in centro con incontro incorporato: l'amica di blog e ultramaratoneta Agnese è a Verona e l'occasione per conoscerci live è subito presa.
Gli amici in visita, Chiara&Samu, ci aiutano alla grande con la bimba, così sabato pomeriggio un bel giretto di corsa di mogliettina e me.
Domenica invece parto per un personalissimo "Verona Urban Trail", ovvero corsa a più dimensioni tra la città e le sue colline, cercando di alternare fondi diversi, salire e scendere, anche usando i gradini. Parto con l'idea di fare 20km e di farli ad un ritmo sostenuto, tenendo conto del dislivello e del tipo di percorso: 6' al km è l'obiettivo. Piove davvero tanto e sono costretto ad una deviazione davanti ad una discesa troppo scivolosa. Asfalto, terra, erba, sassi, ciottoli, gradini: la varietà è assicurata. Il dislivello, che volevo fosse intorno ai 1.000 diminuisce a causa della deviazione obbligata, ma così almeno aumento i gradini - ho iniziato a contarli, ma al numero duecento ho smesso. Scrivevo del dislivello: 650.
I dati di corsa: 20km300m in 2h01'07''. 5'58''/km. Tenendo conto di una discesa talmente bagnata da farmi andare a 7/8 km/h, di una salita con più di 100 gradini "corsa" a 2/3 km/h, sono davvero soddisfatto, per una volta che ho dato un occhio alle cifre: se avessi fatti tutti i 1000m in condizioni normali di certo non sarei andato più piano, anzi. Peccato per il polpaccio sx (sempre tu, infingardo!) un po' tirato.
Rientro a casa pulcino bagnato felice e dedico l'intero pomeriggio alla bambina, che resta tranquilla poco, ma sceglie bene il tempo, consentendomi di seguire dignitosamente la vittoria dell'Udinese. 
E adesso lei si è addormentata ed io mi godo un po' di football NFL su Dahlia TV: che sport fantastico!

giovedì 21 ottobre 2010

Dove gli uomini diventano eroi, Jon Krakauer

Krakauer è uno dei miei autori preferiti, come ho scritto anche nelle note di profilo. Da un suo libro mi aspetto molto ma questa volta, ahimè, ho ricevuto poco e provo a spiegare perché. 
La storia è quella di Pat Tillmann, professionista del football americano – non un panchinaro qualsiasi, ma un giovane che ha gettato solide basi per un ottimo futuro – che rinuncia ad un contratto milionario per arruolarsi nei rangers USA: si impegna per tre anni, con l'idea di offrire il suo contributo all'America e poi ricominciare la carriera. È motivato dall'undici settembre. Muore in Afghanistan, sua seconda missione di guerra, la prima in Irak. Ucciso da raffiche di mitraglia sparate dai suoi commilitoni in panico, appena usciti da un'imboscata che tra loro non ha fatto vittime. Pat ed un suo compagno afghano stavano arrivando in aiuto, ma gli aiutati non hanno aspettato di vedere chi stava arrivando. 
Krakauer, incuriosito dagli spiriti complessi, ci propone la sua indagine, a denunciare anche politica ed esercito USA, che hanno cercato di utilizzare Tillmann a fini propagandistici, negando le circostanze della morte anche ai familiari. Poi i nodi sono venuti al pettine.
Nessun giudizio di valore sulla scelta del soldato Pat, ci mancherebbe: mi limito alla letteratura e alle mie perplessità.
Krakauer ha lavorato molto per ricostruire la vicenda, il suo errore, io credo, è quello di volerlo ricordare ad ogni riga. Troppe cose, troppe parole, troppi dettagli poco utili. Krakauer cerca un lavoro da storico, ma dimentica che lo storico raccoglie materiale per disegnare in maniera coerente e verosimile avvenimenti, processi e dinamiche. Non per mettere a disposizione per accumulo tutto quello che sa. 
Krakauer ricostruisce la vita di Tillmann alla luce della sua morte: sembra che ogni suo comportamento vada ricondotto alla scelta di arruolarsi, come si trattasse di un copione già scritto. Potrebbe anche essere, ma non convince: la lettura delle cose non si può fare alla luce di quel che succede dopo, altrimenti, ragionando di “Storia dei se” (esiste, credetemi sulla parola), se non ci fosse stato un undici settembre Pat si sarebbe arruolato lo stesso?
L'eroismo della vittima lo trovo solo nel titolo: difficile ricondurre perfino una detenzione giovanile per aggressione – opportunamente ridotta da un giudice compiacente per non mettere a rischio la carriera sportiva di un giovane grandissimo talento – al desiderio di essere migliori.
L'uso dei diari di Pat quale fonte primaria nella sua storia da soldato non convince. Pare proprio che ne siano scelti i brani utili a sostenere la tesi eroicizzante. Non sentiamo voci diverse, che a leggere attentamente tra le righe si percepiscono soltanto, quasi fossero sfuggite appositamente alla ricostruzione.
Krakauer semplifica la guerra americana con uno schema troppo Tex Willer: comandanti inetti, soldati eroici costretti al sacrificio da ordini demenziali, oscuramento di ogni responsabilità reale. Di certo ci sono stati e ci saranno episodi che seguono lo schema, ma se i comandanti delle giacche blu fossero tutti come quelli abitualmente descritti da Tex Willer, saremmo in un mondo dominato dai sioux.
Gli incisi sulla storia afghana sono verbosi e troppo lunghi per essere chiari. Il problema non è certo il numero di pagine: sarei un idiota, a dire che L'idiota è troppo lungo, ad esempio. Il problema sono tutte le pagine che non dicono nulla.
Pregi. Lo stile, certo. E la voglia di comunicare una storia che è opportuno conoscere. Troppo poco, questa volta. Ehi, Jon, facciamo finta che tu mi legga: ti aspetto alla prossima. Senza rancore, ti prego, ché qui in Italia, da qualche tempo, una critica come la mia può giustificare un linciaggio.

mercoledì 20 ottobre 2010

Asfaltatelo...

Sono passati due anni circa da quando sono andato in un negozio specializzato a valutare e concludere l'acquisto di un paio di scarpe da corsa/da strada: ieri ho rifatto il passo. 
Tra i miei buoni propositi 2010 avevo segnato la partecipazione a qualche mezza maratona, dicendomi che questa gara – prima del 2010 ne avevo corsa una – mi era molto piaciuta. Non sono stato molto attento al proposito: fino ad oggi, nell'anno, due mezze maratone onroad. Una corsa al massimo delle mie possibilità, a Gorizia. Una corsa assieme a Chiara incinta. Poi più nulla, solo trail e simili. Qualche non competitiva, che di solito propone percorsi misti tra terra e strada, un paio di gare più brevi in compagnia, mesi fa. Forse però ho sottovalutato il piacere di correre anche su asfalto. Specie negli ultimi tempi, l'allenamento mio non segue alcun ordine: quando ho modo e tempo, vado. Ed è un andare necessariamente stradaiolo: se si può correre un'ora, difficile trovare un sentiero che magari ti chiede mezza di quell'ora per essere raggiunto, o che con il buio che avanza e sempre più avanzerà ti costringe a mettere la frontale in parchi semichiusi. E non mi dispiace neppure, questo andare. Ieri sera, ad esempio, per provare il nuovo acquisto (nome roboante di Saucony Pro Grid Phoenix 4) ho fatto un ripetuto saliscendi sulle vie che portano alle Torricelle, sopra Verona: divertente. Ma il punto è che, scoprendo l'acqua calda e perfino la fredda, posso affermare che 
«Scarpa da strada su strada è meglio di scarpa da fuoristrada su strada. Ho detto!» 
E forse qualche mezza la farò anche, recuperando magari il cronometro per l'occasione.

venerdì 15 ottobre 2010

La Jugoslavia, il basket e un telecronista

Ho atteso per scrivere questo post: letto il libro, ascoltata la presentazione, riletti alcuni passi, con l'idea di rileggere tutto – magari anche più volte. Ho atteso perché non mi pareva facile trovare le parole per descrivere quello che in righe precedenti ho definito “il libro che avrei sempre voluto leggere e che non era stato ancora scritto”. Ora ci siamo.
Sergio Tavčar, l'autore, per tutti noi che da appassionati – bambini e adulti, qui sono piuttosto sicuro che non ci siano distinzioni – guardavamo la pallacanestro su Tele Capodistria è un punto di riferimento impareggiabile. Magari a noi italiani dava anche fastidio, il buon Sergio esponente della minoranza slovena di Trieste, quando tifava apertamente Jugoslavia nelle ripetute sfide con l'Italia di quegli anni Ottanta in cui non vincevamo praticamente mai. E forse era quella condanna alla sconfitta (poche eccezioni, la più bella quella dell'oro di Nantes 1983) che ci faceva innervosire di più. 
Ma il sabato su Tele Capodistria andava in onda il campionato jugoslavo, dove si scopriva a Sebenico un quindicenne capelluto dalle movenze elegiache. Drazen Petrovic. E poi tutta una serie di giocatori solo all'apparenza improbabili, io ad esempio ricordo un Popovic zaratino abituato a tirare da fuori usando il tabellone. O il Franjo Arapovic campione di sventolio dell'asciugamano dalla panchina. Quante immagini: divento nostalgico... e non parliamo di coppa campioni, di coppa Korac, di anni Settanta che io ho sentito raccontare perché ero troppo piccolo ma che Tavčar già commentava, ricco della sua – per noi – proverbiale ironia e competenza.
Ironia dissacrante nel prendere in giro giocatori goffi e perdenti, sincero stupore a raccontare le gesta di giocatori che hanno segnato l'immaginario di noi piccoli emulatori. 
E il libro racconta di quel basket che non c'è più, di quella Jugoslavia che non c'è più. Ricco di aneddoti, di analisi, di opinioni condivisibili o meno (io le condivido tutte, e forse dovrei per onestà scrivere “condivisibili e basta”) questo è il miglior libro di basket che io abbia mai letto, avvicinato soltanto da “Sul filo del rasoio”, scritto da un giornalista che per un anno seguì l'Indiana University di Bobby Knight. Andiamo troppo sul tecnico? Certo che ci andiamo e mi piacerebbe restarci ancora un po': vado a rileggermi qualche storia, magari quella del giocatore preferito del nostro Tavčar, quel Mirza Delibasič che a casa padre e fratello mi raccontavano essere il prototipo del talento elegante, tecnico e fisico.
Il post finisce qui e racconta alla meno peggio davvero – ne sono certo ogni momento in cui ci penso - “il libro che avrei sempre voluto leggere e che non era stato ancora scritto”. 
Il sito vale davvero la pena.

lunedì 11 ottobre 2010

Parole e immagini - TA del Carso Isontino


Sabato 6 novembre (il giorno successivo in caso di maltempo)
Orario da definire a seconda della provenienza dei partecipanti (ipotesi 9.30/10)

Eccoci. Dopo il prologo, scriviamone e guardiamolo.
Prima di tutto. Un Trail Autogestito è un correre assieme senza tener conto del cronometro, a ritmo chiacchierata, tutti assieme a guardare il mondo. Ci si ferma per foto e visioni panoramiche e non si forza mai il ritmo. Pur sempre di corsa si tratta, ma di corsa lenta. L'idea nasce per proporre a compagni di strada i luoghi dove amo correre, vorrei che chi viene si divertisse... nessun altro obiettivo.
Ma il trail non è solo corsa, è pure dopocorsa. E allora ognuno porta ciò che vuole e si sta insieme a mangiare e bere. Io (più il mio amico Cristiano di me a dire il vero) cerco un posto dove stare comodi, e magari avere anche l'opportunità di lavarsi le ascelle... di più no: il trailer un po' deve pure puzzare :))

Ritrovo = stazione ferroviaria di Sagrado, con ampio parcheggio. Da qui si parte e qui si arriva.
Per il percorso, ho preparato una guida fotografica
Si tratta di corsa lunga 22km, quasi tutti su sentiero di vari tipi (pietre, sassi, terra rossa, fango se piove nei giorni precedenti, ogni tipo di fritto misto). Consiglio scarpe non da strada ma un po' più robuste. Il motivo dominante è il saliscendi, mai difficile (nel senso di molto ripido, particolarmente tecnico, pericoloso). Unico rischio per le caviglie le discese sassose, a me è sempre bastato andare piano.
Per chi non corre: accompagnatori, amici, parenti, figli e figlioletti. Grazie ad amici carsolini di comprovata esperienza, sarà possibile una passeggiata guidata ai luoghi della Grande guerra, con vedute panoramiche su Alpi e Adriatico. Percorso naturalmente ridotto e ben calibrato.
Per qualsiasi cosa contattatemi, sono a disposizione.

 

domenica 10 ottobre 2010

Prologo - TA del Carso Isontino

La data - sabato 6 novembre, con possibilità di spostarlo alla domenica in caso di maltempo
L'idea. Sabato mattina mi sveglio e parto per provare il percorso del Trail Autogestito che voglio organizzare.
La realtà. Venerdì notte Mateja dorme poco poco e la mattina serve per un sonnellino di sopravvivenza. E il pomeriggio è parenti. Allora ne provo un pezzo.
L'idea. Domenica mattina mi sveglio e parto per provare il pezzo mancante del percorso del Trail Autogestito che voglio organizzare.
La realtà. Sabato notte Mateja dorme poco e la mattina serve per un sonnellino di sopravvivenza. Ma il tardo pomeriggio-sera non è parenti, e finisco la prova.
Primi risultati.
Il giro che avevo ideato è troppo lungo: sono giudice unico... e siccome ho criticato chi contorce i percorsi al solo fine di fare di più, lo accorcio. Perché il Trail Autogestito è un modo per proporre agli amici che corrono su strada qualcosa di diverso, un modo per re(incontrare) compagni di strada, un modo per assaporare sentieri e paesaggi senza guardare il cronometro. E se la proposta è eccessiva, gli obiettivi non si raggiungono, io credo.
Saranno 22 km circa. Dico “circa” perché ho provato percorsi diversi e non tutto filato quello deciso come definitivo, ma quello è: il margine d'errore è minimo. Per i dettagli rimando al prossimo post, visto che ho fatto anche una sorta di guida fotografica.
Grazie a tutti quelli che hanno dimostrato interesse: quantomeno mi avete permesso una specie di maratona carsica in due tappe, ovvero una quarantina di km tra sabato e domenica. E qualcuno anche un po' al buio.
A presto.

mercoledì 6 ottobre 2010

Incisi e relative. Ovvero poca sintesi e abbondante nostalgia

Dopo la felice parentesi casereccia, ritorno al solito tren-tren, che ballonzolando sui binari mi suggerisce di affidare all'amato blog disordinati pensieri, privo dell'ambizione di ordinarli. 
La parentesi mi ha riattivato vari transistor assopiti: di Carso già ho scritto e ancora scriverò, ma c'è stato l'incontro con qualche amico e svariati parenti, arricchito dal centro d'attenzione permanente a cui abbiamo dato il nome di Mateja. Avrei naturalmente voluto moltiplicare gli incontri, ma se già prima non ero (eravamo, Chiara ed io) in grado di gestire i complicati tempi dei nostri rientri compressi, immaginiamo adesso che la nuova arrivata ci detta a tutto diritto i suoi ritmi. Ritmi che sono compatibili con la sola corsa a casaccio, ma questa è una storia diversa che continuerò a raccontare in seguito.  
Proseguiamo così con l'annunciato disordine, lasciando da parte per una volta il correre. 
Ho visto, fortunata coincidenza di momenti, la presentazione di quello che ho definito, compiaciuto della mia definizione, il libro che avrei sempre voluto leggere e che non era stato ancora scritto. Si tratta della storia del basket jugoslavo scritta dall'aurea penna di Sergio Tavčar, voce di Tele Capodistria. E questa lettura merita un post, che arriverà.
Incisi e relative danno conto del disordine, nel pieno rispetto del quale ancora scrivo senza indugio.
Ho ricalpestato in compagnia la curva nord dello stadio Friuli, teatro di anni plurimi di felice abbonamento, rendendomi conto che il calcio visto dal vivo ancora e sempre mi piace. E che se riabitassi dove abitavo, lo guarderei ancora assiduo. Non è il basket, ma è uno sport molto bello reso antipatico da tutto quel che si sa.
Ho risposto presente, ancora una volta con demenziale ostinazione, alla visione del mondiale di ciclismo alla tv, salvo poi scoprire che il doping impazza e strapazza l'antidoping. Ma è così difficile superare le male abitudini acquisite in età innocente? E questa volta era pure notturno... come se il sonno attuale fosse abbondante.
Ho condiviso con grande gioia e privilegio da padrino il battesimo di Gabriele, bimbo di amici veri, di quelli che ogni saggio ti dice – probabilmente anche a buona ragione – che si contano sulle dita di una mano.
Ho rivissuto la difficoltà oggettiva del lavoro di concentrazione in quella che un tempo si chiamava casa mia ed ora semplicemente casa dei miei, luogo di passaggio e frontiera, porte aperte a voce alta.
Ho rifrequentato per qualche ora il dipartimento di storia dell'università di Trieste, dove nulla pare cambiato, anche se lo sarà, e dove, al di là di ogni nostalgia, è quasi ovvio che non lavorerò quel mai che non si deve dire mai.
Ma quanto è bella Trieste, depositata tra Carso e Adriatico, strana e schizzata come nessuna? Lo so di essere mosca bianca, ma butto a mare i campanilismi e rivendico il diritto di rimanere tifoso dell'Udinese e desideroso di tornare un giorno a vivere a Trieste, frequentare le osmize, andare al mare in pausa pranzo, girare le palestre del basket giovanile con un occhio di riguardo alle inesauribili produzioni di talenti femminili di Ginnastica e Interclub. E allenandole pure.
Nostalgia. Sentimento del tutto nuovo e che mi dicono in molti essere da connettere alla paternità. Se è vero, probabile che passi. Dopo qualche giorno più di un mese, posso scrivere in tutta onestà che nelle mie valutazioni prenatali avevo ampiamente sottostimato le potenzialità d'aiuto di mamma che è pure tre volte nonna. Risultato. Matj e Chiara sono rimaste a farsi coccolare e viziare, io sono partito per il Near West a compiere i miei compiti. Appena li finisco, mi rimetto in binario e torno ad East per qualche giorno, qualche altra riattivazione di tranistor e spero pure qualche corsa. E mentre scrivo il percorso si compie e le prime montagne mi ricordano come ogni volta che Verona si allontana per lasciare a Trento il proprio spazio.
È stato molto piacevole scrivere questo post, spero che anche leggerlo dica qualcosa.

venerdì 1 ottobre 2010

Tre corse e un'idea

Ho riavvicinato, in questa ultima settimana, due grandi piaceri del correre: il primo, la compagnia; il secondo, il Carso.
Andiamo con ordine. Domenica scorsa trasferta bresciana in visita agli amiconi Livia e Alessio (già nominato più volte su queste pagine, compare di molte cose). Corsa di coppia Livia/Chiara, Alessio/Caio i due a riposo a casa, in visione bambini. Fatto un bel giro nel bresciano, passato soprattutto a chiacchierare, prevedendo anche possibili future trasferte francofone alla scoperta di nuovi percorsi.
Poi rientro nella Venezia Giulia (ché se dici Friuli qui ti sgridano) e non appena possibile mi sono precipitato in quell'ubriacatura di saliscendi sterrati che sono i sentieri del Carso. Prima un giro quasi lungo in solitaria, partito per fare dieci/undici km mi sono detto: perché non provare questa svolta qua, e poi quel sentiero là, ma anche quell'altro su e quel terzo giù. Risultato: i km diventano 17 abbondanti, la mia presenza attesa al pasto in famiglia ritardata come un accelerato di Trenitalia e il mio umore che sbuffa allegria come una vaporiera. E ho preso anche la pioggia, che in giornate di primo autunno mi piace davvero tanto.
Nuovo giorno, Carso in compagnia. L'amico di infanzia, adolescenza e maturità Gis si è dato anche lui all'allegria dell'un passo dopo l'altro. E allora si va insieme, per la prima volta in giro sulle colline sopra il nostro paesello (Sagrado), come facevano i nostri genitori andando a caccia di reperti da guerra. Altro bel giro, breve ma intenso. Bello, bello e ancora bello.
Sono già mesi che ci penso, e provo qui a lanciare l'idea: perché non darci un appuntamento, donne e uomini che corriamo, per un giro insieme sul Carso? Sto pensando al percorso (20/25 km), sterrato quasi per intero, per un TA. Cos'è un TA? Sta per “Trail Autogestito”, poche e semplici regole: si va al passo del più lento, gradite soste per macchina fotografica, terzo tempo obbligatorio... ma ne riparliamo. La data? Metà novembre, potrebbe essere un'idea: il Carso forse ci accoglierebbe rosso.