martedì 4 febbraio 2014

Dai nuovi documenti la verità su Pio XII (più o meno)

Metto sul blog l'articolo che il quotidiano trentino L'Adige ha pubblicato lunedì scorso. Lo metto perché l'ho scritto io. Il titolo è forse un po' forzato, non mi piace mai parlare di verità. Per questo ho messo una parentesi, che ovviamente sul giornale non c'è. Ma i titoli sono, giustamente, scelti da chi il giornale lo fa. 
Ringrazio il direttore che mi ospita con una certa frequenza e mi regala sempre la prima pagina. 

Ha destato interesse la recente intervista del rabbino argentino Abraham Skorka. Da tempo amico di papa Francesco, Skorka ha dichiarato al Sunday Times la propria convinzione che presto Bergoglio aprirà gli archivi vaticani per gli anni del pontificato di Pio XII. È ovvio l'importante riferimento alle carte relative agli anni delle persecuzioni naziste. La notizia in sé non dice nulla di nuovo, ma certo offre lo spunto per qualche riflessione che contribuisca a fare chiarezza sulla consultazione dei documenti d'archivio e, più in generale, sul mestiere di storico. 
Nulla di nuovo, perché? Per varie ragioni. Innanzitutto Bergoglio e Skorka già ebbero modo di confrontarsi sul tema, come è ben evidente dalla lettura del capitolo dedicato all'olocausto nel libro-dialogo “Sobre el cielo y la tierra”, pubblicato in prima edizione nel 2010. Il rabbino affermava di non comprendere le ragioni teologiche della canonizzazione di papa Pacelli. Chiedeva all'allora vescovo di Buenos Aires un'opinione sui celebri silenzi di Pio XII e sulla necessità di lasciare libero accesso ai documenti del suo pontificato. La risposta non lascia dubbi: “Quello che lei dice sull'apertura degli archivi della Shoah mi pare perfetto. Che si aprano e che si chiarisca tutto. Che si veda se si poteva fare qualcosa, fino a dove fu possibile agire, e se abbiamo sbagliato in qualcosa dovremo dire: 'Qui abbiamo sbagliato'. Non dobbiamo avere paura. L'obiettivo deve essere la verità”. Ora Bergoglio ha nelle proprie mani il potere di aprire quegli archivi, e non c'è ragione di dubitare che lo farà. Del resto, questa è da anni la volontà della Chiesa. Lo ha ribadito padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, a chi gli chiedeva un commento sulle affermazioni di Skorka. Il Prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano, Sergio Pagano, già nel 2009 aveva annunciato che si sta lavorando al riordino dei documenti del pontificato di Pio XII in vista della loro apertura alla consultazione. E per volontà di Paolo VI sono stati pubblicati undici volumi di atti relativi alla vita della Santa Sede durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nulla di nuovo, dunque. Ci è voluto molto tempo e presumibilmente ce ne vorrà ancora poco: siamo in dirittura d'arrivo. Serve ricordare come il riordino secondo i più accurati canoni archivistici di una simile mole di carte (si parla di circa 16 milioni di documenti per un periodo compreso tra 1939 e 1958) non è uno scherzo, e di certo non è pensabile che siano liberati alla consultazione atti non ordinati. Bastano questi semplici dati a far comprendere quale mole di lavoro attenderà gli storici che per primi vorranno cimentarsi nell'impresa. Si potranno davvero leggere grandi novità? Alcuni studiosi pensano di no, convinti che la massa di notizie ricavate da altri archivi non potrà essere rivoluzionata da quello Vaticano. Certo è che l'istituzione-Chiesa presenta caratteristiche così peculiari da lasciar presumere nuove conoscenze sulla condotta di papa Pacelli di fronte alle persecuzioni antisemite. Saranno rivelazioni sconvolgenti? Saranno piccole scoperte interessanti solo per la comunità degli storici e tutto sommato indifferenti per l'opinione pubblica? Le risposte si faranno attendere e saranno di certo molto discusse. 
Come ben sa chi si interessa alla biografia di papa Francesco negli anni della dittatura militare argentina, vi è un ulteriore aspetto da sottolineare. Spesso uomini e donne che si spesero per la salvezza dei perseguitati preferirono non lasciare traccia di quello che fecero. È una questione, prima di tutto, di sicurezza: meno si documenta, meno è possibile essere scoperti. Dopo l'elezione di Bergoglio da più parti si è cercato di ricostruire quello che lui ha fatto per aiutare i ricercati del regime a salvarsi. I risultati di questi tentativi lasciano ancora aperte molte voragini, pur avendo a disposizione la testimonianza orale di vari protagonisti. Cosa che per gli studiosi della Shoah è molto più difficile da avere. Ci sono avvenimenti e relazioni destinati all'oblio, quello che invece sarà riportato alla memoria ha bisogno di tempo per essere studiato. Ben venga allora l'apertura degli archivi e ben vengano la preparazione, la competenza e la serietà scientifica di chi li frequenterà alla ricerca di nuove informazioni su Pio XII.     
Claudio Ferlan
FBK – Istituto Storico Italo-Germanico

2 commenti:

  1. Complimenti Claudio, sono ammirato, come già dimostrato altre volte dal tuo lavoro, interessante e forse poco considerato fuori dal tuo ambiente, sbaglio? Ma un lavoro come il tuo è fondamentale per conoscersi, sapere chi siamo e cosa di sbagliato abbiamo fatto nel passato per cercare di evitare di commettere gli stessi errori nel futuro..

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  2. Grazie Fausto. I complimenti fanno sempre piacere. Scrivi cose interessanti. Lavoro in un ambiente, il Trentino, dove la sensibilità storica è piuttosto avanzata rispetto ad altri posti che ho conosciuto; è una fortuna. Che la storia aiuti a capire è una delle ragioni che mi fa amare quello che faccio. Poi magari troveremo sempre fantasia per nuovi errori, ma conoscere il passato male non fa.

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