Ho scritto proprio qui che serve dare una mossa al blog.
Da dove ripartire?
Dalla corsa in montagna che quest'anno riesco a praticare con continuità e soddisfazione?
Dagli articoli da vaticanista (che corre) che sempre più spesso mi capita di scrivere?
No, cominciamo dal primo amore sportivo.
Due settimane fa sono stato a Milano con un grande amico amante della pallacanestro tanto quanto me. Obiettivo: godersi le Finali di Eurolega. Per chi non lo sapesse, la Champions League del basket (che similitudine blasfema, ma cosa non si fa per farsi capire!) finisce così: dopo un paio di gironi e un turno a eliminazione diretta restano in quattro e si giocano tutto in tre giorni. Semifinali al venerdì, finali alla domenica. Le chiamano Final Four, utilizzando la lingua giusta, visto che sono un'invenzione USA.
Quest'anno è Milano che le organizza.
Lo scorso anno era Londra, e io c'ero.
Le quattro qualificate 2014: CSKA Mosca-Maccabi Tel Aviv (prima semifinale), Barcellona- Real Madrid (seconda).
Io ho un favorito: CSKA Mosca, che perde alla prima partita, subendo canestro a pochi secondi dalla fine dopo non aver mai sofferto uno svantaggio. Non è sfiga, magari un po' lo è, a dire il vero, ma è piuttosto paura di vincere, è sbagliare tutto dopo aver fatto molte cose bene.
La seconda è il Real che distrugge il Barcellona, senza storia.
La Finale 3/4 qualcuno la vorrebbe abolire, credo siano quelli che non pagano il biglietto. Sarà pure un'amichevole, ma sai tu che squadre la giocano quell'amichevole lì? E vuoi che non ci piaccia?
La Finalissima la giocano Maccabi e Real. C'è una differenza clamorosa di budget, a favore del Real, che non si capisce come fabbrichi gli euro, visto quanto spende anche per lo sport minore che li avrebbe visti poi vincere. Qui invece no. Fatto di giocatori ottimi ma per niente strapagati e fighetti, il Maccabi sta lì, sembra sul punto di crollare e non crolla mai. E alla fine, dopo un supplementare, la vince. Non è kulo, magari un po' lo è, ma è piuttosto saper vincere e non voler perdere, è sbagliare pochissimo, quasi niente.
Una partita così fortifica la mia convinzione che nel basket un allenatore conta quanto un giocatore forte. David Blatt, quello del Maccabi, è un fuoriclasse. Altri meno, specie gli spagnoli; sono senza fantasia.
Milano provincia di Tel Aviv, per tre giorni. In piazza Duomo e nel palazzetto pieno di tifosi da Israele, vestiti di giallo, il colore dei campioni d'Europa.
Ci rimane un'immagine, di questa magnifica tre giorni. A poco dalla fine, c'è una coppia di tifosi Maccabi vicino a noi. Lui ammaina la bandiera, troppo svantaggio, è finita... gli si legge negli occhi. Lei con parole che non capisco ma con una grinta che fa paura lo assale: sventola quella bandiera, non è finita. Urla e canta, uomo implume senza fiducia. Non era finita. Aveva ragione lei.
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