Il nuovo corso di Papa Francesco
Discernimento e apertura, carismi gesuiti
L’intervista che papa Francesco ha concesso al direttore di “Civiltà Cattolica” Antonio Spadaro è stata guardata con molto interesse dalla stampa internazionale, non solo da quella cattolica. L’attenzione è meritata per una serie di ragioni: il carisma e il ruolo di chi risponde, la competenza e la raffinatezza intellettuale di chi domanda, la profondità e la ricchezza degli argomenti trattati, alcuni riconoscibili come un leitmotiv dei rapporti tra la Chiesa, i credenti e i non credenti. Si pensi al ruolo della donna nella Chiesa o alle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Di questo molto si è detto, rischiando forse di sottovalutare il fondamento del pensiero espresso in merito da papa Bergoglio, un pensiero che trova le sue radici nella spiritualità della Compagnia di Gesù e del suo fondatore, Ignazio di Loyola.
Due sono le chiavi di lettura necessarie: il discernimento e l’apertura. Francesco legge la sua appartenenza all’ordine dei gesuiti anche attraverso la categoria del discernimento, una virtù che sta alla base dell’insegnamento ignaziano e che porta con sé la giusta attenzione al tempo: i cambiamenti e le riforme non si possono fare improvvisamente, seguendo un’agenda dettata dalla fretta e dalla voglia di avere tutto e subito; al contrario, hanno bisogno di essere pensati. Dalle parole del papa si evince chiaramente che questo non significa certo differire, ma progettare. L’esempio di Ignazio in tal senso è davvero unico: dopo la sua conversione si lanciò con entusiasmo nella predicazione, salvo accorgersi molto presto della necessità di acquisire i fondamenti teologici, anche per difendersi dalle accuse di simpatia per i protestanti. Si era nella prima metà del Cinquecento, e lo strappo confessionale segnava profondamente le coscienze. Ignazio allora scelse di tornare tra i banchi, con persone molto più giovani di lui. Si prese il suo tempo, e così comportandosi riuscì a organizzare le fondamenta di un ordine religioso che ha caratterizzato la storia del cristianesimo degli ultimi cinque secoli.
Il pensiero del gesuita, aggiunge Bergoglio, deve essere aperto, pronto al dialogo, creativo. Sono tutte indicazioni che ci rimandano a un tratto fondamentale dell’identità della Compagnia di Gesù: l’essenzialità della missione. “Una pastorale missionaria – spiega il pontefice – non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio missionario si concentra sul necessario”. Per capire cosa sia necessario, però, serve conoscere e Bergoglio significativamente invita la sua Chiesa ad andare incontro all’altro nelle zone di frontiera. Spesso il gesuita si è mosso, nella storia, davvero al confine; non solo quello geografico, ma anche quello tra ortodossia ed eterodossia. Penso ai numerosi casi, spesso anonimi, di uomini che si comportavano contro le regole, interpretandole, violandole, ridefinendole: la storia dell’evangelizzazione delle Americhe, per esempio, è piena di casi simili. Ed è da questo atteggiamento, profondamente ignaziano, che nasce un’opinione di Francesco che ci pare davvero innovativa e foriera di speranza: la visione dalla dottrina della Chiesa come un monolite da difendere senza sfumature è errata, dice, e aggiunge che le scienze aiutano la Chiesa a crescere nella comprensione. A volte dimentichiamo che anche la storia è una scienza e che anch’essa, come le sue sorelle più riconosciute, può aiutare a crescere nella comprensione.
Claudio Ferlan
Fondazione Bruno Kessler – Istituto Storico Italo-Germanico
Copyright - L'Adige, pubblicato il 3 ottobre 2013
Grande Caio! Anch'io ogni tanto scantono dalla corsa e mi fa piacere leggere tra i blogger che seguo qualcosa di diverso.. Bravo!
RispondiEliminaGrazie Fausto! La corsa è bella, ma il lavoro che faccio mi piace ancora di più. Perché non condividere allora?
RispondiEliminaCiao Caio, scusa di cosa ti occupi esattamente? Ho letto con interesse l'articolo, notevole la chiusura: "anche la storia è una scienza e che anch’essa, come le sue sorelle più riconosciute, può aiutare a crescere nella comprensione". Bravo
RispondiEliminaGrazie Luca. Faccio lo storico, cercavo anche di tirare l'acqua al mio mulino :-)
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