Ore 9, si parte. Siamo circa 250, il primo km su strada asfaltata viene affrontato da tutti a velocità eccessiva. Io mi trattengo. Lasciamo il bitume e si comincia a salire; basta poco e la strada si impenna. Saranno 600m di dislivello in sei km. Li affronto al passo, buon ritmo ma senza correre, salvo brevissimi tratti di falsopiano. Approfitto delle salite meno dure per bere un po' di sali: ho paura per il polpaccio che fatica un po'. L'ultimo tratto della salita mi vede in compagnia di Giovanni Storti, meglio noto come il Giovanni tra Aldo e Giacomo.
La strada spiana e si ricomincia a correre. Primo ristoro al 7km, memore di antiche esperienze mi fermo e scolo una buona dose di sali, alternati a coca cola e ad un paio di pezzi di banana. Siamo in cima al Monte Casto, comincia un tratto in cresta e poi discesa, non è troppo difficile, io resto comunque a passo tranquillo. Giovanni se ne va come un licaone. Il percorso si fa più ripido, i primi della lunga (46 km, loro sono circa al 34°, noi al 9°. Sono partiti due ore prima) passano a velocità spaziale. Mi aspetto che spuntino le antenne o che diventino verdi ma no, sono uomini e non marziani.
Tengo il mio ritmo tranquillo, lascio passare i discesisti più abili e non forzo mai. Provo qualche piccola accelerazione per testare il polpaccio: tutto perfetto. Comincia un sentiero piano nel bosco, qualche breve saliscendi, strada pulita e praticamente senza fango. Qualche radice, qualche pietra, ma si può correre senza problemi.
Nuovo ristoro al 13°. Anche qui coca cola, sali e banana. Sto sempre molto bene. Ho il satellitare al polso, ma non mi serve a verificare i ritmi; non avrebbe senso. Piuttosto consulto l'altimetria e il chilometraggio. Mi rendo conto che il tratto più difficile è passato. Inizia la seconda salita, ripida ma molto più breve della prima. Qualcuno accenna a correre, io no. Rimango al passo, svelto per i miei ritmi, ma controllato. Se avrò voglia di correre, lo farò dopo. Sono con un gruppetto di trailer, teniamo in quattro/cinque lo stesso ritmo fino a quando incontriamo una di noi che non si vuol fare superare. Quando sente avvicinarsi il passo altrui, accelera e occupa il sentiero. È chiaramente in debito, tanto che in un km rischia di sbagliare strada tre volte, la avvisano da dietro. Rimango in fila: so che il prossimo ristoro è vicino (intorno al 16°). Arriva. Uva passa, sali, acqua e tè. Sto benissimo. Aspetto il momento propizio per ripartire. Voglio godermi il bosco un po' da solo, lascio andare qualcuno e qualche altro lo precedo. Mancano 5 km, dobbiamo scendere ancora 3oom, ma non so che sentiero sarà. Comincio ad accelerare, ascoltando le sensazioni. Annuso il bosco.
Sorpresa. La discesa è molto facile. Memore degli insegnamenti francesi, sposto il baricentro in avanti e mi butto. Vado forte, mi stupisco di me stesso. Supero un po' di gente e nessuno da dietro mi raggiunge. Provo a dare un'occhiata al satellitare: cavolo, la discesa è praticamente finita, ma il mio ritmo è inferiore ai 5' al km. Starò esagerando? Anche se fosse, pazienza: mancano ormai solo tre km. Ultima discesa, quasi sull'asfalto; davanti a me un trailer che tiene un buon ritmo. Passare anche lui mi sembra presuntuoso, ma dopo cinque minuti (1 km?) mi accorgo di essere proprio in forma. Allungo e me ne vado di nuovo solo; dovrebbe essere più o meno l'ultimo km. Sono in piena spinta, arrivo in paese e ho il piacere di sorridere a tutte le persone che mi incitano. Li saluto e rido da solo. Sto correndo proprio. Curva, rettilineo sul prato e arrivo. Guardo il tempo: 21 km, 900 e passa di dislivello in 2h32'. Stento a crederci. Mi fermo vicino a Chiara, qualche metro dopo lo striscione, lei sta chiacchierando con compari di corriera e ancora non mi aspettava al traguardo. Sgrana gli occhi: hai già finito? Allargo le braccia: ho già finito! Ma il prossimo anno saranno 46.