lunedì 19 luglio 2010

Il libro della gloria

La montagna invita alla lettura e come facilmente prevedevo il post in tema – e presto ce ne sarà un altro – arriva puntuale.
È un regalo di Paolo, questo libro.
Scritto da un neozelandese (Lloyd Jones) che ricostruisce il nascere del mito della sua terra: gli All Blacks.
La storia è semplice e poetica. Agosto 1905. Ventisette giocatori di rugby partono da Auckland, Nuova Zelanda. Navigano, raggiungono l'Inghilterra – madre patria, non dimentichiamolo. E lì parte la loro tournée: tante, tantissime partite; altrettante (quasi) vittorie, molte con distacchi enormi. Giorno dopo giorno nasce, intorno a quella squadra, un sentore di leggenda – resa più umana persino da un'inattesa e poco limpida sconfitta. Scozia, Galles, Francia, Stati Uniti e poi, dopo mesi, il rientro a casa. Per molti di loro, fine della nostalgia. Dietro le spalle tanto mare, scoperte, persone, infortuni, sotterfugi, ingiustizie, fratellanza, spirito di squadra, pipe e tabacco.
Scritto in prima persona, da un non identificato All Black, con un linguaggio particolare, immaginifico: sembrano fotografie tradotte in parole. E avanti così, scatto dopo scatto, per duecento pagine senza annoiare mai.
Come si scrive un romanzo così? (Romanzo lo definisce l'autore, ed io non posso che dargli ragione). Ecco, forse la cosa più difficile per me è stata non correre all'ultima pagina per registrare quali siano state le fonti: volevo entrare nel senso del testo senza farmi idee troppo mie. Diari, articoli, racconti.
Da rileggere, da consultare, perché qualcosa mi è di certo sfuggita.
La cosa più bella, a mio gusto, è la descrizione di Parigi.
Scritto nel 2000, dopo una delusione mondiale del rugby neozelandese ai mondiali dell'anno precedente, arrivato in Italia nel 2009, dopo una delusione del rugby neozelandese ai mondiali di due anni prima. Sconfitte inopinate, poco compatibili con la leggenda raccontata qui, quella che i “Tuttineri” hanno danzato a ritmo di Haka perfino in quell'Italia da palle molto più rotonde che ovali.

5 commenti:

  1. fermo restando che io sto al rugby come Balotelli a Carlo d'Inghilterra, è quel "linguaggio particolare, immaginifico" che mi lascia perplesso

    RispondiElimina
  2. Se lo leggo,mi esalto e faccio una mischia in ufficio tu sarai resonsabile... ;)

    RispondiElimina
  3. @ Ciccò - perplessità condivisibile: indubbiamente può non piacere, secondo me se non ti prende subito, meglio esercitare il diritto di interruzione
    @ Insane - mi assumo le mie responsabilità: il rischio esiste

    RispondiElimina
  4. complimenti.
    aggiungo nella mia "to-be-read list"

    RispondiElimina