L'annuale appuntamento con il TrentoFilmFestival mi ha portato alla solita visita goduriosa alla Tendalibri. Tra quelli che mi sono portato a casa quest'anno c'è "Le notti stellate del Karakorum", di Dusan Jelincic.
Ne è valsa la pena! Qualche aggettivo: profondo, attento, lucido, avventuroso, poetico, tragico. Racconta la storia della spedizione slovena (jugoslava all'epoca,) nel Karakorum, anno 1986, un'estate tragica che ha visto molti incidenti mortali sul K2. Gli alpinisti sloveni mirano ad altre vette: Broad Peak e Gasherbrum II (anche senza permesso...), il loro campo base è vicino a quello di chi è lì per scalare il K2. Loro sono toccati e segnati dalle vicende tragiche, senza però esserne travolti in prima persona. Quello che rischia di più è proprio l'autore che assieme a Mojmir Stangelj viene colto dalla bufera nella discesa dalla vetta del Broad Peak. Ma basta così, quanto alla storia. Perché ne è valsa la pena? Jelincic, sloveno triestino, non è alpinista di professione, ma giornalista: dalla sua capacità di penna il racconto guadagna molto. E guadagna soprattutto dall'interesse a ragionare su quel tipo di alpinismo, dalla lucidità di pensiero, dalla schiettezza. Le relazioni, l'egoismo, la paura, il pericolo, il senso di vuoto... quante cose si trovano tra le pagine! Ecco uno dei libri che mi stanno aiutando a capire cosa c'è dietro le salite estreme, un "dietro" che mi affascina e interessa.
Soddisfatto proprio di questa lettura, mi accosterò presto agli altri libri di Jelincic. "Primo alpinista del Friuli Venezia Giulia a scalare un ottomila", è scritto sulla quarta di copertina. Forse anche per la comunanza di provenienza, ho provato a contattarlo: mi ha risposto subito, molto gentilmente, e con poche parole che ridanno in sintesi e concretezza il senso di questo ottimo libro mi ha scritto: "Nel libro volevo mettere la vita vera".
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