Da qualche tempo i post dedicati ai libri latitano.
I motivi: molte meno le ore di treno, un paio di riviste mensili in più, libri di storia moderna che per me sono lavoro oltre che piacere e qui non commento. Questa latitanza però mi spiaceva, allora mi sono rivolto ad una sicurezza: Gabriel García Márquez.
Non solo: per alimentare ancor più il desiderio di lettura, ho scelto in biblioteca un testo che racconta della storia del Cile, di Allende e Pinochet; una triste parte del procedere del mondo che mi interessa moltissimo.
Non solo: per alimentare ancor più il desiderio di lettura, ho scelto in biblioteca un testo che racconta della storia del Cile, di Allende e Pinochet; una triste parte del procedere del mondo che mi interessa moltissimo.
Ottima scelta. Il libro è bellissimo, l'ho divorato spegnendo sempre di più la tv e domani mi prendo un altro García Márquez.
Miguel Littín è un regista cileno (classe 1942) che ha collaborato attivamene con Salvador Allende. Per questo il regime dittatoriale di Pinochet lo ha condannato all'esilio, dopo che Miguel nei primi momenti del golpe ha rischiato assai seriamente la vita. Dopo dodici anni di assenza, Littín rientra in Cile sotto falso nome, truccato, con documenti falsi e con l'appoggio della resistenza. Lo fa per girare un documentario sulla situazione del Paese. L'azzardo riesce, tra mille rischi e difficoltà; Littín abbandona il Cile proprio quando gli agenti della dittatura stanno per beccarlo, non senza essere prima riuscito a far uscire dal Paese qualche km di pellicola. I giorni da clandestino in patria li racconta in un film (Acta general de Chile, che spero di procurarmi) e li racconta poi a García Márquez. Da qui nasce questo (ennesimo) capolavoro del nobel colombiano: un racconto in prima persona tratto dall'intervista concessa da Littín che non si perde nell'avventura ma indaga sentimenti, sensazioni, emozioni, ricordi. Solito stile impeccabile, solita geniale sapienza nel tratteggiare persone e caratteri con pennellate di stile. La vicenda, già di per sé interessantissima, acquista grazie alla maestria di GGM lo spessore che merita.
Chiudo con le parole di Littín, riportate anche dallo scrittore nella sua Introduzione: "Questo non è l'atto più eroico della mia vita, bensì il più degno".
Un grande scrittore non tradisce mai.
RispondiEliminaEra un pò che aspettavo ... battiamo la fiacca ? Non sarà un traslochino e un piccolo cambio di vita a fermare il mio critico letterario di fiducia ...
RispondiEliminaVero Gian Carlo, proprio non tradisce: e adesso persevero.
RispondiEliminaSeei un motivatore, Dante!