martedì 26 aprile 2011

Le avventure di Miguel Littín, clandestino in Cile

Da qualche tempo i post dedicati ai libri latitano. 
I motivi: molte meno le ore di treno, un paio di riviste mensili in più, libri di storia moderna che per me sono lavoro oltre che piacere e qui non commento. Questa latitanza però mi spiaceva, allora mi sono rivolto ad una sicurezza: Gabriel García Márquez. 
Non solo: per alimentare ancor più il desiderio di lettura, ho scelto in biblioteca un testo che racconta della storia del Cile, di Allende e Pinochet; una triste parte del procedere del mondo che mi interessa moltissimo.
Ottima scelta. Il libro è bellissimo, l'ho divorato spegnendo sempre di più la tv e domani mi prendo un altro García Márquez.
Miguel Littín è un regista cileno (classe 1942) che ha collaborato attivamene con Salvador Allende. Per questo il regime dittatoriale di Pinochet lo ha condannato all'esilio, dopo che Miguel nei primi momenti del golpe ha rischiato assai seriamente la vita. Dopo dodici anni di assenza, Littín rientra in Cile sotto falso nome, truccato, con documenti falsi e con l'appoggio della resistenza. Lo fa per girare un documentario sulla situazione del Paese. L'azzardo riesce, tra mille rischi e difficoltà; Littín abbandona il Cile proprio quando gli agenti della dittatura stanno per beccarlo, non senza essere prima riuscito a far uscire dal Paese qualche km di pellicola. I giorni da clandestino in patria li racconta in un film (Acta general de Chile, che spero di procurarmi) e li racconta poi a García Márquez. Da qui nasce questo (ennesimo) capolavoro del nobel colombiano: un racconto in prima persona tratto dall'intervista concessa da Littín che non si perde nell'avventura ma indaga sentimenti, sensazioni, emozioni, ricordi. Solito stile impeccabile, solita geniale sapienza nel tratteggiare persone e caratteri con pennellate di stile. La vicenda, già di per sé interessantissima, acquista grazie alla maestria di GGM lo spessore che merita.
Chiudo con le parole di Littín, riportate anche dallo scrittore nella sua Introduzione: "Questo non è l'atto più eroico della mia vita, bensì il più degno".

domenica 24 aprile 2011

Se questo è asfalto...

... evviva l'asfalto!
Facciamo un passo indietro.
Sabato sera. Con l'aiuto del web disegno un percorso sui sentieri sopra Rovereto, convinto di partire all'alba della Pasqua, approfittando dell'abituale risveglio mattiniero della piccola Mateja. Lei però decide di scandire diversamente il tempo della sua nanna ed io accetto volentieri il regalo, crogiolandomi a letto un po' più del solito. Il programma di corsa, alla luce degli eventi, va rivisto in modo da farlo durare meno. Ho voglia di qualcosa che sia almeno un po' lungo e decido per la ciclabile verso nord: da Rovereto verso Trento, una ventina di km. Da neo-roveretano, questa parte della ciclabile l'ho percorsa poco, e ci voglio provare, dando ascolto ad un amico che me ne ha descritte le bellezze.
Bravo il Massimo, clever boy, ché la nord è davvero bella. Corro sulla striscia d'asfalto che costeggia l'Adige e lo risalgo. In mezzo ai vigneti, incontro alle montagne: davvero divertente! E poi non si può certo dire che il percorso sia piatto. Certo, non è montagna, ma tra vento e pendenze lievi il tutto è pure allenante. Faccio andare lo sguardo a ritmo di corsa lenta. Oggi niente GPS, solo il cardio per provare il ritmo del Raid che mi attende a Morbihan: battiti controllati, ogni 5 km un breve tratto al passo per bere acqua e sgranocchiare barrette ai cereali (strano pranzo pasquale). Piano piano, senza mai forzare proprio me la godo, con quella bella sensazione - che sarà pure falsa ma è davvero appagante - per cui credi di poter correre così fino alla fine di qualsiasi strada.
Su consiglio di Raffaella, ultratrailer sempre più esperta che spesso incontro, ho provato a legare il marsupio al contrario: borraccia davanti. Molto bene! Stabile e comodo, soprattutto per la mia schiena provata dal sollevamento Matj.
Su consiglio letto sul Forum di Spiritotrail, ho provato la bottiglia di Acqua Panna al posto della borraccia. Anche qui molto bene! Ermetica, comoda e capace di contenere 750ml al posto degli abituali 500ml, differenza che può sembrare da poco ma che tale non è.
Alla fin dei conti, se correre sull'asfalto significasse questo: immersi nella natura (anche se l'autostrada non è lontana, va detto), sui bordi di un bel fiume, senza la possibilità di incontrare macchine o veicoli a motore, a me andrebbe più che bene. E forse non è un caso se da due settimane vivo a Rovereto e, per ora, qui ho corso solo su ciclabile. Questo non vuol dire certo abbandonare i sentieri, ma solo godersela anche altrove!
Ecco, io stavo per pubblicare il post e Chiara mi torna a casa dalla sua corsa dicendo di aver "scoperto" un sentiero..., come non detto?   

martedì 19 aprile 2011

TA del Parco San Bartolo, ovvero il fritto misto più buono che c'è


Sabbia, terra, asfalto, sassi, acqua... tutte cose calpestate all'interno del Parco San Bartolo.
Per completezza d'informazione e dovere di critica costruttiva, iniziamo da quello che non è andato.
(...).
Terminata, questa lunga parentesi, arriviamo al racconto, con qualche immagine.
Ci eravamo iscritti tutti e tre a questo Trail Autogestito già da qualche tempo, in pratica dal momento della sua ideazione. La garanzia dell'organizzazione, Danilo Miticojane sapientemente spalleggiato da Mercurio e da altri amici e colleghi podistrailer, ci dava fin troppa fiducia. E poi, "LadyJane" Nadia chiacchierando con noi al TA veneziano si era, generosa ed imprudente, offerta di babysitterare Mateja per permettere a me e Chiara di correre. Il rischio di offrirsi è che Chiara ed io siamo sempre propensi ad accettare. L'organizzazione forniva poi vitto e alloggio in albergo a prezzo di favore per trailer e, cosa fondamentale, un seducente percorso tra mare e montagna in quel di Gabicce Mare/Gabicce Monte e dintorni.
Partenza con calma il sabato e arrivo in ora aperitivo all’albergo convenzionato messo a disposizione dalla valentissima organizzazione. Alla sera frizzi e lazzi, già si profila il divertimento dell’indomani. Raccontare a parole il briefing del Mitico io non lo so proprio fare, solo chi c'era può esaltarsi al ricordo.
Partiamo la domenica mattina, dopo aver consegnato Mateja in mani più sapienti delle nostre. Lei sarà tranquillissima e nutrita.
Foto Miticojane
Io parto per il TA dei 23km, Chiara per quello dei 15, ma la prima ora si fa insieme, e si gode di panorami di questo genere:
Foto Chiara
Gabicce si chiama pure Monte perché di salire si tratta: strappi brevi ma ripidi, difficili da correre per quelli normali. Un passaggio sui sassi mette a dura prova le caviglie. Una frana da superare ci fa divertire ed inzaccherare.
Foto Catena
E ancora prati, alberi, mare e monti: davvero un alternarsi di terreni, viste, scorci. I trailer armati di macchina fotografica hanno di che sbizzarrirsi. Siamo davvero in tanti, una settantina, difficile stare tutti assieme, basta fermarsi a guardare in giro e si rischia di perdere un taglio, e già, perché per evitare l’asfalto si devia su sentieri che a scovarli ci è voluto sicuro il lanternino. Ma quasi sempre c’è qualcuno della valentissima organizzazione che ti riporta sulla retta via. Il fatto è che in posti così ogni via è retta.
Mentre corro, chiacchiero e guardo (senza dimenticare di bere) mi arriva notizia che Chiara ha corso alla meglio e Mateja ha magnato alla ancor meglio ed ha lasciato tranquille le babysitter. Siamo tutti satolli, chi di strada, chi di mela.
L’ultimo tratto è molto bello, mi basta qualche centinaio di metri sulla sabbia per riandare con vagare sognante all’idea del deserto, che da idea diventerà realtà. C’è solo da capire quando.
E, sorpresa delle sorprese, all’arrivo mi aspettano le due donne! Ne prendo in braccio una e taglio il traguardo.
 Foto Giorgio
Tanti gli amici visti e rivisti, un abbraccio li prenda tutti. Ottimo pranzo, terminato con Mateja che ruba una mela cotta dal piatto del campione di ultramaratona Ivan Cudin. E adesso, se lui crolla per un calo di zuccheri alla prossima Spartathlon, chi se lo perdona?
Grazie!

domenica 10 aprile 2011

Tra l'Isonzo e il Carso

Domenica mattina, sono a Sagrado a casa dei genitori. Arrivati ieri, Chiara, Mateja ed io per la prima volta partiti da Rovereto. Voglio dedicare le ore soprattutto a far compagnia al Vecchio Babbo Leone. Quando mi sveglio, lui ancora riposa, allora quasi quasi me ne vado sul Carso a correre. Mia madre mi dice: "Guarda che un'amica mi ha detto che c'è una marcia proprio qui a Sagrado". Sono anni che la volevo fare e non ci ero mai riuscito, a tornare proprio in quei giorni. Di solito era a maggio, non sapevo avessero anticipato: che culo! Vado. Il percorso che sbircio dal volantino è molto simile a quello che avrei fatto per conto mio. Mi iscrivo, saluto un po' di amici e sono pronto a partire, quando casualmente mi imbatto in compagni di Carso, Raffaella e Gianmarco. Aspetto la loro iscrizione e parto in compagnia. Sono indeciso: dodici o sedici? Intanto corro. Chiacchiero e mi diverto: davvero bello il percorso scelto, comodo correre sul Carso con ristori. La giornata poi è splendida, sole caldo ma non troppa umidità. Soliti amati saliscendi. Al momento del bivio dodici/sedici guardo l'orologio e vedo che tra chiacchiere e saluti se ne è andato troppo tempo: meglio accorciare e arrivare a casa in tempo per la passeggiata con papà. Saluto Gianmarco e accorcio. Vado in discesa con la testa tra le nuvole e gli occhi sul terreno, seguendo a memoria sentieri fatti e rifatti. Naturalmente tiro dritto ad un bivio e me ne accorgo dopo un po'. Torno sui miei passi e riprendo il percorso di oggi, lasciando quello della mia memoria. Hanno aperto l'azienda Castelvecchio: che bei posti. Scendo ancora verso Sagrado, arrivo dopo credo un'ora e dieci a terminare i miei 12km più errore. All'arrivo mi fermo un attimo per i giusti complimenti a Nevio, anima della manifestazione e torno a casa. Doccia veloce e lunga passeggiata con un babbo in forma più che discreta lungo il canale che costeggia l'Isonzo. 
Dopo il pranzo e il riposino, in strada verso Rovereto. Chiara guida e io gioco con Mateja. Arriviamo a casa nuova ad ora di cena, in tempo per godermi l'imbrunire sulle montagne.
Benedetta domenica!

sabato 9 aprile 2011

Senza corsa

Da Lione in poi ho indossato sì le scarpe da corsa, ma solo perché erano le ultime lasciate fuori dagli scatoloni. E già... perché proprio gli scatoloni sono stati il motivo dominante di questi ultimi giorni. No tempo libero.
Giovedì si è svuotata la casa di Verona e ci hanno smontato i mobili.
Venerdì si è riempita la casa di Rovereto e ci hanno rimontato i mobili.
Sabato siamo partiti per visita parenti ed è da casa genitori che scrivo questo breve post.
Giorni folli, ma belli. Ormai è fatta: siamo roveretani in affitto Domani mattina se ci sarà il tempo (non c'è modo di organizzare nulla) mi regalerò un breve giro sul Carso, poi rientreremo nella nostra bellissima casa nuova, per arrivare in tempo a prendere un buon té seduti a guardare le montagne dalla nostra bellissima terrazza, per noi nuova quanto la casa.
Ci saranno tempo e righe da dedicare alle nuove strade, ai nuovi sentieri, alle nuove emozioni. Per ora mi tengo tanta soddisfazione e una significativa stanchezza.
 

lunedì 4 aprile 2011

Lyon Urban Trail

Primo pettorale del 2011, programmato da tempo. Proprio perché programmato da tempo, dovrei sorvolare sulla non geniale collocazione cronologica della trasferta: tra pochi giorni si trasloca, siamo immersi negli scatoloni e neppure i compagni di viaggio sono messi meglio. La passione è passione, però. E partiamo in macchina per Lione sabato mattina, obiettivo Lyon Urban Trail, che io e Alessio correremo nel suo percorso lungo (38km, 1700 D+), Livia in quello da 12 km, 500 D+. Nell'alternanza che ci siamo dati con gli amici padrini di Mateja, tocca a Chiara stare a piedi, fare da baby-sitter a bambini loro e nostra. Se si corre su strada, il volontario sono io: è capitato per la Mezza di Brescia e spero capiterà ancora. Mi piace aiutare gli altri a correre, proprio perché so quanto sia bello essere aiutati dagli altri a correre.
Un po' di ore di macchina, qualche sosta pappa e arriviamo nel pomeriggio nella città francese che ci appare subito molto bella. Sarebbe stato meglio il treno, ma con i tempi non ci saremmo stati. Sistemazione e passeggiata lungo il Rodano, ritiro pettorali mancato (io almeno) per chiusura anticipata della distribuzione: bisognerà provvedere la mattina prima della partenza. Cena, ancora passeggiata e qualche ora di sonno.
L'organizzazione, come è abitudine oltralpe, è assai spartana: no pacco gara, no pasta party, no doccia. Alessio ed io affrontiamo con rispetto questo trail urbano: sei ore abbondanti di macchina e due di passeggiata non sono proprio la cosa più indicata per la vigilia di una gara come questa, tanto più che un caldo quasi estivo si affaccia in questo strano inizio aprile. Suona la sveglia (brava Mateja, che passa una notte tranquilla). Colazione abbondante, ritiro pettorale veloce e una breve attesa che ci permette di incontrare alla partenza Simone (38km) e Cris (23km), anime fondatrici di Spiritotrail. Con Simone condivideremo anche la prima parte di corsa, poi non lo vedremo più, il suo ritmo non è il nostro. (Ti ho cercato nell'elenco arrivati: complimenti Simo, ottimo tempo davvero! Cristina la troverò, spero).
Si parte, non so quanti siamo a partire per la lunga, ma in tutto (ci sono, appunto, anche le versioni da 12 e 23 km) ci contiamo 6.000. Noi una piccola parte del tutto.
Partiti. Il Lyon Urban Trail è configurato così: strade e stradine che ti fanno salire e scendere, incontrare angoli affascinanti di questa bellissima città e, soprattutto, gradini: scrivono 7.000, ma il numero non conta. È come il patrimonio dei ricconi, oltre una certa cifra non si capisce quale sia il significato. Sono tanti. Tanti. Alessio ed io corriamo assieme, non abbiamo sempre ritmo uguale: i momenti di difficoltà non capitano allo stesso momento, io in discesa proprio non gli sto dietro, ma ci troviamo benissimo così.
L'inizio è d'impatto: subito salite ripide e non brevissime, e dosi di gradini. Al passo e di corsa, nell'alternanza propria di ogni trail, oggi vissuto in un non abituale ambiente quasi esclusivamente urbano. Noi corriamo bene, tranquilli sotto il nostro obiettivo, che come d'abitudine è il tempo massimo (6h30). Dopo il ristoro (ce ne sono tre) dei 9km siamo addirittura sul ritmo di 5h poco più. La parte centrale del trail è la meno impegnativa, molto corribile e poco scalinata, fa caldo ma riusciamo ad idratarci bene. Teniamo un'andatura da chiacchierata. Vediamo, in ordine sparso, un teatro romano, ville antiche e costruzioni modernissime, messe una accanto all'altra con il bel gusto proprio dei cugini d'oltralpe, panorami d'impatto noi sulla collina e sotto la città, scendiamo su di una vecchia pista da sci. E molto altro ancora. Visto il terreno secco, abbiamo scelto le scarpe da strada: ottima idea, certo che sul bagnato sarebbe stata dura tenere l'equilibrio; non tanto per lo sterrato, che è poco, ma per tutti i cari gradini lisci, gradini ruvidi, gradini sconnessi, gradini bassi, gradini alti.
Ristoro 17km, siamo sempre sul ritmo di prima, fin troppo veloce: ci pensa l'organizzazione a farci tirare il fiato; c'è un incrocio con la massa di chi corre 12 e 23 proprio all'accesso di un sito romano, strettoia, stiamo fermi un po'. Pazienza, tanto siamo in netto vantaggio sul tempo massimo. Il percorso continua contorto a farci scoprire Lione, qualche tratto di discesa asfaltata permette di rilassare i muscoli e ricaricare le pile. Ultimo ristoro ai 30km: regolarissimi, battiamo sempre il tempo su possibili 5 ore e spiccioli. È arrivato il messaggio: Livia si è goduta la sua corsa e il babysitteraggio di Chiara è stato un successo. Decidiamo che non vale la pena esagerare e rallentiamo un po', a partire dal ristoro che ci godiamo con calma. Scelta illuminata: gli ultimi 8km sono bestiali. Io non so quanti gradini si possano fare in 8km, ma non credo molti più di quelli che abbiamo fatto noi. Qualche piccolo acciacco: io temo gli odiati crampi e mi regolo di conseguenza, Alessio ha una scarpa che fa le bizze e lo tormenta. Piano piano passano i km, senza crisi. A meno due un volontario ci avverte: state scendendo, ma vi aspetta ancora una salita lunga. Pensiamo ad un moto di spirito, non lo è. Su questa salita lunga (gradini, ovvio) vediamo vari trailer in preda ai crampi, ci fermiamo a chiedere come va, se c'è bisogno d'aiuto. Riceviamo risposte cortesi e grintose. Ultimo km. Galvanizzati, acceleriamo in vista del traguardo: sento tirare la coscia, non ora, non qui. Mi de-galvanizzo e torno ad un ritmo più consono. Prima dello striscione, si passa all'interno del comune: naturalmente per transitare serve salire qualche gradino. È fatta. Con l'opportuno controllo del ritmo degli ultimi km ci abbiamo messo 5h28'. Molto meglio del previsto.
E mi sorprende leggere, secondo la tabella con cui potete familiarizzare qui, che quel che abbiamo fatto equivale a 55km in piano ad un ritmo di 5'58''.
All'arrivo ci aspettano donne e bambini (che bello poter condividere con il sorriso una passione che talvolta sconfina nel delirio).
Ci si lava con acqua in bottiglia, si mangia e si riparte: lunedì non c'è possibilità di ferie. Il viaggio scorre lungo ma tranquillo. Cinque ore di sonno ed ora eccomi in treno destinazione Trento, in una delle ultime gite da pendolare lungo. Tra quattro giorni abiteremo a Rovereto.
Alcune considerazioni.
Sono molto contento della mia corsa: ho visto nel modo per me più bello una città stupenda, ho passato un fine settimana con superamici, Alessio ed io abbiamo pure trailato in abituale sintonia. Mateja sta imparando che i genitori quelli sono, e tocca adattarsi anche a due giorni folli, 1300km di macchina, forse qualcosa più, fatti per passione. Anche il dato puramente atletico è ottimo: nel 2011 non avevo mai corso più di 25 km, certo non ho praticamente mai perso occasione, in allenamento, per fare del dislivello, ma non mi aspettavo di finire così bene il Lyon. In Francia sto bene, mi piace l'approccio francese al trail, la partecipazione entusiasta sul percorso: segnato benissimo, presidiato da volontari ad ogni incrocio. E nessuno che ti faccia mancare una parola di incoraggiamento, sempre con il sorriso: sono cose che aiutano.
Nella logica della primaverile alternanza francese, il 2012 sarà anno di Ecotrail de Paris. Ma è certo che a Lione si torna: Mateja sarà più grande, correrà anche Chiara e magari si potrà pure prendere qualche giorno di ferie.
Un'ultima prece, lettore che hai avuto la pazienza di arrivare in fondo: non dirlo a mia suocera, che proprio tutto non sa.