lunedì 3 febbraio 2014

Il "mio" Superbowl in 7 tweet (e una premessa, e una postilla)

Premessa. Considero il football americano lo sport più bello del mondo. Senza se e senza ma. Mi ci sono appassionato già alle scuole medie, quando avevo il diario dell'NFL e mi piacevano le divise dei New Orleans Saints. Poi al Liceo ero riuscito a scovare delle pubblicazioni in italiano e avevo studiato regolamento e un po' di tattica. Nel mio unico viaggio negli States, avevo vent'anni, a Denver riuscii a vedere i Broncos di John Elway. Da lì loro divennero la mia squadra, per quanto si possa essere tifosi a un continente di distanza. Le opportunità offerte da internet mi hanno consentito di seguire il campionato con grande continuità (quest'anno ho visto una quarantina di partite). Dopo i fasti degli anni Novanta, i Broncos hanno giocato ieri un altro Superbowl. E hanno perso in maniera imbarazzante. 

Ieri sera ero prontissimo a godermi la partita. In campo, oltre a Denver, la squadra che preferisco per come gioca. Seattle. Le aspettative sono enormi. Ho da mangiare, da bere e da commentare. Uso twitter con l'hashtag #superbowl. Mi sento parte di una comunità. 

Primo tweet. "Kazzeggio in attesa del Superbowl". 
Si comincia alle 0.30 e in qualche modo bisogna pure ingannare l'attesa. Inizio con qualche arachide. Da una settimana non tocco birra: mi sono portato avanti per avere una notte gaudente. Ho anche un cosa termica che ti consente di tenere in mano il barattolo di Guinness senza scaldarlo. Ma è troppo presto per la birra. 

Secondo tweet. "Il tè notturno per il Superbowl è kusmitea. Interessa a qualcuno? A me, perché mi tiene sveglio. 
Non mi piace il caffè e sono invece un amante del tè. Chiara mi ha portato in regalo da Parigi una miscela che mi piace un sacco. Conosce bene i miei gusti. Inganno l'ultima attesa, quella in cui anche i secondi passano lenti, godendomi una tazza di tè in cucina. Il tempo prende un po' di velocità e si comincia. 

Terzo tweet "Clamoroso"
Dopo dodici secondi Seattle è già in vantaggio. Un errore macroscopico di un giocatore di Denver regala due punti. Negli USA amano le statistiche, è la segnatura più veloce della storia del Superbowl. Per di più, regalata dalla squadra che aveva la palla. Una possibilità su un milione. 

Quarto tweet. "Che challenge è? Denver in confusione. Ansia da superbowl". 
Nel football un allenatore può chiedere la revisione (challenge) di una chiamata arbitrale affidando la decisione alle immagini televisive. Cose evolute che altri sport temono. Questo tweet, secondo me, segna l'emblema della partita. Se la decisione non cambia, perdi una possibilità (due a tempo) e un timeout (tre). L'allenatore dei Broncos chiama una follia. Azione chiara pro Seattle e per di più ininfluente. Lo vedo come il segno della serata. Un'intera squadra, appunto, in confusione. A partire dallo staff.   

Quarto tweet. "Scherzi a parte o Superbowl?"
Peyton Manning, miglior giocatore dell'anno, lancia una palla sbagliatissima e si fa intercettare. Sembra una partita adulti contro bambini, uno squilibrio impressionante. Gli adulti vengono da Seattle. 

Quinto tweet. "Autogol di Carter. Denver nel fumo del Colorado".
Una semplice azione difensiva si trasforma in un fallo evidente. Carter spinge un ricevitore di Seattle come fosse un bullo da bar. Il riferimento alla liberalizzazione del fumo in Colorado sta diventando un must su twitter. Dal fallo arriva il touchdown. Punteggio impietoso. Denver inchiodata a zero, sembra un gruppo di anatre impazzite che gira a caso nello stagno. 

Sesto tweet. "Andiamo a dormire"
Secondo intercetto per Manning, il ritorno arriva in touchdown. Inutile dare spiegazioni, significa che siamo 22-0. Già il risultato è bello tosto, ma l'idea della inevitabile nanna la suggerisce la mostruosa differenza tra le due squadre. Seattle difende da dio, con gli occhi della tigre e attacca con precisione invidiabile. Gli altri non si sa dove siano.

Settimo tweet. "Commoventi i tentativi dei telecronisti di dare ancora un senso al Superbowl" 
Capisco. Devi cercare i tenere i telespettatori attaccati allo schermo, ma i tentativi possono apparire grotteschi. La triade di Italia Uno, per altro preparata, simpatica e competente, ci prova e ci riprova, ma le immagini non li rendono credibili. Pare chiaro come sia tutto finito. Probabilmente ancora prima di cominciare. Vai a capire perché. Finirà 43-8. Un massacro sportivo. 
E non ho bevuto neanche una birra.
Tra i tweet #superbowl me ne segno uno americano che dice, più o meno, che il peggior Superbowl della storia e Dylan che fa pubblicità per una macchina fanno del 2 febbraio una giornata triste per gli Stati Uniti.

Postilla. Non resisto e voglio finire facendo il figo. Il 9 settembre ho scritto su FB: "Sento il bisogno di scriverlo, per comunicare presumibilmente solo a me stesso che… Non credo di aver mai visto su un campo da football qualcosa di simile a Russell Wilson". 
Probabile che esagerassi d'entusiasmo, ma oggi Wilson è il quarterback dei campioni.
Ecco. Ho fatto il figo. 



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