martedì 19 marzo 2013

Articolo - Con Francesco rinasce la speranza


Propongo a chi interessa il testo del mio articolo pubblicato ieri sul quotidiano L'Adige. Inizio ad usare il blog per raccontare anche il mio lavoro, oltre che le mie corse. 

L’Adige - lunedì 18 marzo 2013 (prima pagina, segue a p. 53)
Con Francesco rinasce la speranza
Quel silenzio che ha caratterizzato i secondi intercorsi tra il “Georgium Marium” e il “Franciscum” pronunciati dal cardinale protodiacono Tauran è denso di significato. Racconta lo stupore di una piazza ed è simbolo della sorpresa di un’intera comunità. Almeno tre novità fondamentali accompagnano quello stupore: primo gesuita, primo non europeo, primo Francesco. Difficile credere che il nome sia un richiamo al santo missionario per eccellenza, Francesco Saverio. Perché, a ben vedere, lui era “il Saverio”, colui che mise in imbarazzo un intero ordine, con i suoi segni di santità così superiori a quelli manifestati in vita dallo stesso fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola. Che lo spirito apostolico sia proprio di Bergoglio, però, è un dato emerso già nelle sue prime parole e nel riferimento alla necessità di evangelizzare innanzitutto Roma. 
Proprio al padre fondatore Ignazio, oltre che al poverello di Assisi, sembra potersi ricondurre la scelta del nome: il modello di vita cristiana richiamato dal Loyola al momento di dettare le linee di condotta ai primi confratelli fu proprio Francesco. Papa Bergoglio è testimone di una tradizione, di una delle diverse facce della Chiesa: ci sentiamo di poter supporre sia quella che più piace alla maggioranza dei fedeli. Il suo primo discorso, i primi segnali simbolici del suo pontificato richiamano alcune caratteristiche proprie del gesuita: sobrietà, acutezza teologica, spirito missionario e raffinata capacità comunicativa. Prima ancora, preghiera e raccoglimento, segno distintivo dell'ordine cui appartiene e che tanto affidamento mette in uno dei testi fondanti la cattolicità moderna: gli "Esercizi spirituali". I suoi primi comportamenti sono un chiaro omaggio, siamo certi non solo formale, all’insegnamento del santo di Assisi.
Ignazio non voleva incarichi di governo per i membri della Compagnia di Gesù. Rispose sempre con un “no” cortese ma fermo a Ferdinando di Asburgo che, nel pieno dello scisma luterano, ripetutamente gli scrisse chiedendo il suo consenso alla designazione di Claude Jay e Pietro Canisio quali vescovi il primo di Trieste e il secondo di Vienna. I tempi cambiano e di vescovi e cardinali gesuiti la storia ne ha poi conosciuti parecchi. Certo che nella storia personale di Francesco I, nella volontà di restare a Buenos Aires e di non occupare incarichi curiali a Roma risuonano cristalline le convinzioni di Ignazio. Buenos Aires, appunto: un papa che viene da lontano e che si crede possa portare nella Città eterna un nuovo modo di vivere la fede. La presenza dei gesuiti nell’America Latina è forte, lo è sempre stata. A partire dalla prima spedizione (1567) verso quello che allora era il Vicereame del Perù, passando attraverso le Riduzioni, la ripetuta resistenza al potere politico (e politico-religioso) e il contributo dato alla teologia della liberazione, una svolta epocale nella vita della Chiesa che attende ancora di essere riconosciuta come tale. Gli esordi della Compagnia di Gesù in quelle terre furono segnati dalla volontà di non compromettersi con le brutture di cui si resero colpevoli uomini d’arme ma anche di religione. Pur con qualche ombra, vi riuscirono, e l’apostolato dell’ordine di Bergoglio è a tutt’oggi riconosciuto per la sua capacità di andare incontro all’altro. Ogni generalizzazione porta in sé una quota di approssimazione, ciononostante non crediamo di andare troppo lontani dalla realtà delle cose e dei sentimenti. Francesco I sembra davvero incarnare questo spirito.
Cosa ci possiamo aspettare da lui? Difficile dire. Ma un’ipotesi forse si può formulare: la maggior parte dei credenti, ma anche quella dei non credenti, dalla sera del 13 marzo può guardare con rinnovato vigore e con fondata simpatia ad almeno una delle virtù teologali. La speranza.

Claudio Ferlan
Ricercatore FBK-Istituto Storico Italo-Germanico 

2 commenti:

  1. primo blog di "podismo-teologico". Mancava! ;-)
    Complimenti per l'analisi. La leggo con piacere.

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  2. Grazie! Provo ad allargare il blog, in fondo non siamo solo corsa e trail (purtroppo?). Vedo che ci sono vari lettori, ma leggere i commenti è sempre un piacere :-)

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