venerdì 29 giugno 2012

Monte Zugna a San Vigilio

Martedì si festeggia il patrono di Trento, fortuna che la segreteria avvisa con congruo anticipo perché di questa festività proprio non riesco a fare memoria. Giornata libera, dunque. E quale migliore modo per santificare il santo se non quello di avvicinarsi al cielo? Già da tempo sto studiando un percorso, che in parte già conosco, per salire sul monte Zugna, partendo da casa a piedi senza prendere la macchina. Certo, non è né breve, né facilissimo, ma a me piace così, che ci vuoi fare. 
Si comincia su asfalto, strada tranquilla e secondaria. Sono equipaggiato da trailer: scarpe Montrail, calze a compressione, pantaloncini, maglietta e cappellino. Nello zaino un ricambio, qualche pappina, tanta acqua, cartina e denaro. Allacciati allo zaino i bastoncini. Si sale su asfalto, scrivevo, e arrivo alla prima delle tante tappe roveretane segnate dalla Prima Guerra mondiale, la grotta Damiano Chiesa. Qui è sentiero, Sentiero della Pace: bel nome in questi posti. Ma anche in altri. Cammino perché la questione si fa ripida. Non passa tanto tempo che mi trovo mille metri sopra casa. Malga Tof. E di nuovo un po' di asfalto, con queste vedute:
Ne vale la pena, ovviamente. Salgo ancora un po' e trovo un sentiero non segnato sulla cartina, o meglio: segnato ma poco. Dove mi trovo, invece, le indicazioni su cartello di legno sono chiare e interessanti. Studio le linee e mi fido; bene faccio: è bellissimo. Si tratta di un percorso ricostruito seguendo punti di riferimento che quasi cent'anni fa furono fronte: trincee, postazioni, cippi... sento aria di casa. Aria di Carso dalle tristi memorie.  Taglio in orizzontale parte della montagna (Monte di Marco) e posso farlo di corsa, anche in mezzo ad antichi camminamenti da guerra:


Come mi aspettavo dalla lettura della cartina, sbocco nell'altro sentiero che in parte conosco e che sale al Rifugio Malga Zugna. Gran bell'andare in mezzo al bosco: qui la pendenza si fa lieve e posso alternare corsa e camminata, non senza fermarmi a guardare quello che l'occhio ammira spaziando e la macchina fotografica può fare solo in due tempi:

Vallagarina

Ho fame e mi ciuccio un gel all'arancia. Puah! La giornata è calda, ma tra quota e bosco non soffro affatto. Dopo 3 orette abbondanti di bell'andare arrivo al rifugio. Coca cola, panino con speck e formaggio di malga (leggermente più gratificante del gel) e birretta. Ricarico le scorte d'acqua e mi metto a studiare la cartina assieme a dei simpatici conoscitori della zona, che mi riempiono la testa di riferimenti che al momento non capisco ma che scendendo capirò. Peccato aver scoperto solo dopo il ritorno che la croce  di vetta distava solo una ventina di minuti, sarà per la prossima volta. Dopo una congrua sosta si riparte, in ottima forma e con gli occhi pieni:
Vallarsa

Giù calpestando la strada del Sentiero della Pace, ed ecco venirmi incontro i riferimenti di cui sopra: le scalette, il cimitero di San Giorgio, la esse. Nomi che iniziano a dirmi qualcosa. Spesso è corribile, ma non sempre. In discesa sono quello che sono e me la prendo come posso, faccio in tempo ad invidiare un paio di caprioli che neppure con il turbo sulle scarpe riuscirei a seguire per un metro. Arrivo di nuovo alla grotta Damiano Chiesa, certo stanco ma per niente cotto. Allora decido di risalire un breve tratto per godermi lo spettacolo delle orme dei dinosauri, che mai mi stufano. Che roba, la natura con i suoi abitanti. E poi è ora di prendere il cammino verso casa, ché prima di andare a prendere Mateja al Nido vorrei lavarmi, mangiare e bere, schiacciare pure un pisolino.
Alla fine, conto 20 miglia abbondanti (perché miglia? Ma perché ne mancano 30 alla metà di un sogno, 70 al resto del sogno) per un dislivello di 1.700 m circa (ma mi mancava l'altimetro preciso). Sono stato fuori sei ore, con un'oretta almeno di pausa, forse qualcosa in più, viste le soste non contate ad ammirare paesaggi, memorie, fossili, alberi. Oltre che a dare soddisfazione al rifugio.
La mia devozione a San Vigilio è palese. Il prossimo anno forse me lo ricorderò! 

sabato 23 giugno 2012

Sorprese e rifugio. Cheddonna!

Perché questo post racconta parecchio di Chiara.
Sorpresa. I miei genitori sono in vacanza a San Candido, loro luogo-relax di elezione. Succede dopo due anni dalla loro ultima scappata e un quasi un anno e mezzo dopo il coccolone del Vecchio Leone. Chiara propone e insiste: venerdì pomeriggio si parte e sabato stiamo là con loro, dai che facciamo carramba che sorpresa. Mi convince. Telefonata al solito albergo, ché ormai le persone le conosciamo anche noi, e il piano è pronto. Arriviamo poco prima della cena. Gli albergatori complici cucinano la sorpresa, e avrei voluto fotografare le espressioni di nonni/suoceri/genitori al vedere Mateja, Chiara e Caio. Bello davvero. 
Rifugio. Già in una precedente visita ai miei in quel di San Candido avevo provato una corsetta: è scritto qui. Oggi la ripropongo e dico a Chiara: dai, vieni con me. Ma siccome siamo lì per fare compagnia ai vacanzieri, l'idea illuminante: andiamo quando fanno il riposino, e Mateja con loro. Saltiamo il pranzo e si parte. Chiara non è convintissima, dice facciamo di meno, ma basta poco: si va verso il rifugio Tre Scarperi. Corri, cammina, sali. Arriviamo. Peccato che mi sia dimenticato gli euro e che al rifugio non si possa comprare un tubo. Ma c'è acqua fresca. Chiara in verità anela a una peperonata, che non le è mai piaciuta. Se avete letto il link di prima, vi sarete accorti che due anni fa mi era rimasta la curiosità di un sentiero. Lo prendiamo, salvo accorgerci che, invece di scendere, sale. E bello ripido. Per scendere serve scollinare, ma: siamo digiuni, vogliamo fare compagnia ai due baldi anzianotti (ai quali abbiamo anche mollato la piccoletta) e non sappiamo bene dove si va. Dietrofront e si scende da dove eravamo saliti (anche se la deviazione non è stata proprio da nulla). In discesa non la tengo, la mogliettina. Troppo più tecnica di me. Fortuna che ci sono tratti in falsopiano che mi permettono di ricucire. Chiara comincia ad accusare qualche dolorino, ce la prendiamo con un po' di calma. Io mi dibatto tra un microscopico senso di colpa per averle un po' tirato il collo e un macroscopico senso di soddisfazione per averla accompagnata a correre quanto credeva di non poter correre.  Lei invece si dibatte tra: insulti al marito (però mi vuole bene, penso), piacere della corsa, entusiasmo della meta. Arriviamo all'albergo dopo tre ore di corsa. Avevo l'altimetro e non il GPS. Dislivello positivo circa 800, km una ventina ci sta tutta.
Eccoci: 


domenica 17 giugno 2012

Marcia sul Pasubio 2012

E già, perché c'è stata anche la presenza all'edizione 2011. Come ho scritto qui mi ero divertito davvero tanto e quest'anno ho replicato, con qualche novità: siamo partiti Mateja, Chiara ed io assieme ad un compagno di asilo della piccoletta e ai suoi genitori (metto tra parentesi che l'infingardo si sbaciucchia mia figlia... inaccettabile!). Io per correre i circa 35km della lunga, tutti gli altri a camminare 7km, chi alternando zaino in spalla e spalla libera, chi invece alternando dentro lo zaino e camminata. Loro si sono divertiti, e io pure. Privilegiato della corsa! Grazie a Chiara che mi capisce e sostiene. 
Quanto ai miei circa 35km: si comincia su asfalto per circa 3km, inevitabile e giusto accorgimento per accogliere le macchine dei tanti partecipanti non troppo vicine ai sentieri. Un breve tratto assieme ai compagni di gita, poi saluto e comincio a corricchiare la prima salita. Si inizia presto a salire sul sentiero, davvero molto affascinante tra vedute panoramiche, malghe e boschi. Io vado con il mio passo, a dire la verità niente affatto malvagio. Sui tratti ripidi in salita vado, camminando, di buona lena: credo che tutti gli "allenamenti" con Mateja sulle spalle abbiano dato un certo frutto. Organizzazione perfetta. Come già notato nel 2011, ogni bivio è segnato benissimo, il nastro biancorosso ci accompagna simpaticamente e paura di sbagliare strada proprio mai. Laddove lo scorso anno c'era la neve, oggi vedo prati verdissimi. Si arriva al rifugio Lancia e poco dopo incontro Emilio Marco e Manuela, frequentatori del forum di Spirito Trail. Emilio conosciuto ai tempi del primo (e per ora unico) Trail Autogestito di Rovereto. Camminiamo chiacchierando e condividendo il piacere di salire su queste belle montagne. Arriviamo senza quasi accorgercene ad una croce di vetta. Poi si scende, il breve tratto "Escursionisti esperti" che ben ricordo e che senza neve non dà alcuna difficoltà. Poi il percorso si fa facile. In discesa lascio girare le gambe, mi sento bene, è una giornata fantastica. L'ultima malga è proprio bella da vedere, un piacere per gli occhi. Ancora un po' di asfalto, poi gli ultimi due km circa su sentiero che risale: questo non lo ricordavo e l'ho molto apprezzato, dopo il discesone ci stava proprio per dare completezza alla goduria da montagna. Ho corso con le amate Montrail Badrock e la borraccia a mano, senza bastoncini. Molti i ristori, ma visto il caldo e vista l'esperienza di altre corse, preferisco avere sempre con me qualcosa da bere.
Arrivo e trovo subito i piccoletti che vengono cambiati all'aria aperta. Noi grandi ci nutriamo il giusto e si torna a casa, pronti per la prossima.
Una giornata senza difetti (a parte quel quasi duenne che si bacia mia figlia!).


martedì 5 giugno 2012

Perù-Colombia zeroauno

Ho sempre praticato il turismo sportivo, così come ho sempre cercato di accostarlo a trasferte per altri turismi o a viaggi di lavoro: visite ai ritiri calcistici, competizioni di tutti i tipi  e di molti sport (olimpiadi, campionati mondiali, europei e nazionali, meeting). Una delle mie abitudini, quando so di dover andare in qualche posto particolare, è vedere cosa offre il convento sportivo. Quindi era da tempo che ben sapevo come proprio nella domenica di riposo peruviano ci fosse la partita di calcio delle qualificazioni mondiali 2014 tra Perù e Colombia. Impossibile comprare i biglietti online, però, quando ho saputo che l'albergo era vicinissimo allo stadio ("El Coloso" lo chiamano), ho cominciato ad indagare. Forte della mia esperienza ormai pluridecennale mi sono avvicinato alla "rivendita" con faccia tosta e pazienza. Risultato: eccomi con un biglietto di tribuna in mano, pagato il giusto. Prezzo da botteghino con una concessione alla ipotetica prevendita.
Il clima in città è paragonabile, per noi, a quello di una finale mondiale o quasi: non si parla d'altro, ci sono manifesti dappertutto, nei bar e nei negozi chi lavora ha la maglia della nazionale, la sciarpa, il cappellino. Qualcosa. Dopo una congrua fila entro e prendo posto. Tanta polizia, alla perquisizione d'ingresso mi impediscono di portare dentro il... giornale (?)! C'è un rumore pazzesco, ma l'accesso allo stadio è tranquillo e l'atmosfera festosa. Pure i colombiani sono seduti, vestiti con la maglia della loro nazionale, in mezzo ai peruviani. E dire che qui dovrebbe essere cosa pericolosa, il calcio.
Un'oretta prima della partita lo stadio è pieno. E il pubblico canta, senza mollare mai (distribuiscono anche un foglio con i testi da condividere). Non esiste il "politicamente corretto": insulti agli avversari (maricòn il più gettonato - anche se l'accento sulla "o" dovrebbe essere contrario), il famigerato uh uh uh agli avversari di pelle nera (come il "friulano" Armero), l'inno colombiano è fischiato tanto che non lo sento neppure. Però più in là non si va. Ma quanto chiasso, quanto si urla! Non esiste una curva, lo stadio intero festosamente casineggia.
Il Perù gioca benino e perde. La Colombia gioca peggio, ma è più forte e vince. 
Questione di: portiere in forma, difesa solida e approfittare degli errori avversari.
Non deve essere facile giocare con tanta aspettativa intorno: dopo il gol il Perù non ce la fa più, anche se manca quasi un tempo intero. Tanto per capirci: non giocano un Mondiale dal 1982, prima del trionfo di Pablito li incontrammo anche noi. Uno a Uno nel girone eliminatorio. 
Dopo la partita, vivo ancora una prova della attenzione quasi ossessiva per la ricerca dell'ordine, un'attenzione di cui mi hanno parlato più volte e che percepisco in diverse situazioni. Un tifoso colombiano con maglia della nazionale viene avvicinato da un tifoso "avversario", che si complimenta e poi si avvicina a un poliziotto per dirgli che: "Abbiamo perso ma dobbiamo rendere omaggio a chi ha vinto". E vedo più di qualcuno sincerarsi con la polizia che tutto stia andando al meglio.

Oggi invece mi sono volontariamente rinchiuso in archivio, siccome non avevo il tempo per correre ci sono andato a piedi, camminando per circa 7km tra andata e ritorno. Ora un appuntamento con un collega a cena, poi nanna e sveglia all'alba (ore di Lima, si intende). Perché domani comincia il viaggio di ritorno. E non vedo l'ora di riabbracciare le mie donne, perché un soggiorno come questo può essere fantastico, ma senza di loro manca qualcosa. Anzi. Manca qualcuno. 

sabato 2 giugno 2012

Il topo di campagna

Il mio impatto con Lima è stato piuttosto impressionante. Dopo un viaggio lunghissimo (a quanto ho raccontato si sono aggiunte un paio d'ore abbondanti di ritardo tra Madrid e Lima), esco e prendo un taxi, come da suggerimento degli amici esperi del luogo. Via, si parte e...
ho trovato questo. Non esistono le corsie, si inventano. Il clacson vale molto più del freno. Davvero pazzesco. Mi dicono che ci sono 9 milioni di abitanti in questa città, e il Perù ne conta 27. Ovunque c'è un sacco di gente. Sembra siano tutti in macchina.
Certo non ci si può abituare, ma non c'è niente da fare.
Passa un'oretta in queste condizioni e poi arrivo in albergo. Si combatte il fuso e subito vado a vedere il Pacifico, è la mia prima volta:
Non credo di dimenticarla... poi pranzo, passeggiata e museo. Da un parco si vede come le baracche stanno conquistando la montagna: fino a dove? Fino a quando? 
Questo succedeva martedì, giorno di una lunghezza irreale che finisce in un buon ristorantino. Abbandono la compagnia con un po' di anticipo e me ne vado a perdere i sensi in camera.
Tra mercoledì e venerdì non c'è tempo per il turismo.
Una scappata in archivio (ci tornerò lunedì) e convegno. Sono stato il primo a parlare e mi sono divertito molto. Ah, quanto mi piace il mio lavoro! Poi ho ascoltato con piacere amici e colleghi raccontare le loro ricerche, spesso con molto interesse. Ho conosciuto aspetti e prospettive poco praticati in Europa, ho conosciuto persone, che è sempre la cosa più ricca. E tra tutti questi storici ho scoperto maratoneti e triatlheti, che si rifugiano, come me, nel proverbiale "mens sana in corpore sano". 
Non c'è stato il tempo per correre; certo, avrei potuto togliere tempo al sonno ma ciò si sarebbe in tradotto in dormire 3-4 ore. Meglio restare desti e pronti per onorare gli impegni da storico. 
Leggo dei terremoti in Italia, con tristi emozioni. Qui è un sito sismico, durante il nostro convegno c'è stata un'esercitazione antisismica e la notte prima una scossa, che ho sentito. Tutto è molto organizzato, con l'indicazione in ogni luogo pubblico di dove radunarsi in caso di terremoto.
Sabato pausa. Visiterò con colleghi argentini un sito inca e farò la mia prima corsa peruviana: ho già individuato il posto giusto.
Domenica penso che la dedicherò almeno in parte a iniziare la scrittura di un testo che si arricchirà di quanto ho visto e imparato qui. Lunedì archivio e martedì si parte, e mi pare un giorno piuttosto lontano, per quanto mi mancano le mie donne rimaste dall'altra parte del mondo. 
Gran bella esperienza.