Lo so che tutti vi siete precipitati in Trentino per comprare la copia de L'Adige di ieri. Se però qualcuno si fosse trovato in Australia, o sulla Luna, ecco il testo.
Il silenzio di Piazza San Pietro durante l’omelia di papa Francesco nella messa delle Palme ha fatto notizia. Tra i tanti spunti che si possono cogliere dalle sue parole, ve n’è uno che ci può rimandare a cronache d’Italia e d’Argentina. Ricordando la condanna di Gesù, Bergoglio ha detto: “Abbiamo sentito tanti nomi, tanti nomi. Il gruppo dei dirigenti, alcuni sacerdoti, alcuni farisei, alcuni maestri della legge, che avevano deciso di ucciderlo. Aspettavano l’opportunità di prenderlo. Sono io come uno di loro?”. I nomi.
Poco meno di un mese fa, come ormai succede da vent’anni il primo giorno di primavera, “Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” ha organizzato una “Giornata della Memoria e dell’Impegno” per ricordare le vittime della criminalità organizzata. Quest’anno papa Francesco ha partecipato, testimoniando una forte sintonia con l’impegno di Libera e con la valenza civile di quello del suo fondatore, don Luigi Ciotti. Parte fondamentale del ricordo è la veglia, quella cui ha assistito Bergoglio. È il momento in cui vengono letti i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie. I nomi. Quest’anno sono stati 842: uomini, donne, bambini. Come tutti i presenti alla veglia, anche il papa ha ascoltato la lettura in atteggiamento di raccoglimento e preghiera: i nomi scorrono, ci sono quelli che conosciamo tutti e sono salutati da applausi (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), ci sono altri che invece sono meno noti. Racconta don Ciotti di come sia nata la Giornata della memoria e dell’impegno. Sono passati alcuni anni, da quando a Palermo nel corso di un’analoga iniziativa per non dimenticare si ricordavano i nomi dei magistrati uccisi dalla criminalità organizzata. Vicino a don Ciotti una donna piangente gli prese la mano chiedendogli: “Perché non dicono il nome di mio figlio?”. Era la madre di Antonio Montinaro, il capo della scorta del giudice Falcone. Il fondatore di Libera sottolinea: “Tutti hanno il diritto di essere ricordati per nome”. Ha ragione, don Ciotti. Sono parole che probabilmente anche il papa ha pensato spesso. C’è una bella canzone del gruppo rock argentino “Los Fabulosos Cadillacs” che si intitola “Desapariciones” (non è difficile ascoltarla online, per chi ne avesse curiosità) costruita proprio sul nome dei desaparecidos, persone che un regime cercò di far scomparire nel nulla: Ernesto, Altagracia, Agustín, Clara. Riuscendoci ma non del tutto: la loro memoria rimane viva, i loro nomi sono cantati, pronunciati, scritti sulle lenzuola di Plaza de Mayo a Buenos Aires. È storia d’Argentina, è anche la storia di Francesco.
Il nome, per gli storici, è spesso un problema. L’esperienza di ricerca personale lo dice: per chi studia la storia del cristianesimo non è sempre facile trovare i nomi, ancor di più i cognomi. Quelli delle vittime ancora più nascosti di quelli dei carnefici. I documenti spesso li tacciono. Cronache, lettere, relazioni spesso parlano di “una donna”, “un giovane”, “un novizio”. Anonimi. Specie se sono passati alla storia perché hanno contestato. Le donne soprattutto non hanno avuto il diritto a essere ricordate per nome: sono le mogli di, le madri di. O peggio, non sono che un nome comune. Da storici abbiamo il dovere di cercare i nomi e di scriverli, di dirli. Non sempre si può, ma prendere in considerazione la loro realtà deve tenere desta l’attenzione su molti aspetti delle nostre ricerche: i conflitti di cultura, di religione, una lunga serie di ingiustizie passano proprio attraverso i nomi. Quando i missionari del XVI secolo attraversarono gli Oceani cambiarono i nomi delle persone, delle cose, delle idee. Sui nomi da dare in Cina al Dio dei cristiani costruirono una contesa durata secoli. È storia delle missioni, è anche la storia di Francesco.
Oggi mia figlia, che ha un nome slavo e proviene dal confine italo-sloveno , mi parla dei compagni di scuola materna mettendo l’articolo davanti al nome, così come si fa in Trentino, altro luogo di frontiera. Ma i nomi che mi elenca non sono solo trentini, italiani, latini, europei. Sono nomi di altre culture, nomi d’Asia, d’Africa e d’America. Con l’articolo però, sono “il” e “la”. Ricordiamo i nomi anche per le cose belle.
Claudio Ferlan
FBK – Istituto Storico Italo-Germanico