mercoledì 18 settembre 2013

Il filo interrotto. Lo riannodo in salita

Sono due mesi che non scrivo sul blog, tempo lungo paradossalmente spiegabile non con il non avere niente da scrivere, quanto piuttosto con l'averne troppo. Sia di corsa, sia di non corsa. Vacanze, libri, trail, corse degli altri, basket e football. Sono stato indeciso e la soluzione è la più facile. 

Riprendo il filo, senza mescolare troppe cose, e dico la mia sulle mie corse.

In questi due mesi non mi sono risparmiato, ma senza mai indossare un pettorale. Sono sempre più convinto: la dimensione che più mi si addice è quella non agonistica. Nell'ultimo post raccontavo la mia uscita sul monte Zugna, ed è da lì che riparto. Una settimana di vacanze in montagna e il rientro a Rovereto con ritmi di lavoro e famiglia non troppo serrati mi hanno consentito di andare per monti con buona frequenza. E mi sono divertito soprattutto a salire con quella che per me è buona velocità, spesso correndo. Salire e proseguire. Semplicemente, scegliendo un punto di partenza e uno di arrivo, guardando le montagne dalla terrazza oppure studiando una cartina. Senza pensare a tempi e km, mettendoci dieci minuti o quattro ore e divertendomi tanto, in entrambi i casi. A scendere, invece, mi diverto molto meno. Probabilmente perché non ne sono tanto capace, di certo perché la lentezza della salita più mi si addice della velocità della discesa. 
In Carnia ho scoperto il piacere di risalire un sentiero di due km scarsi per godere della corsa in verticale. E ho portato con me a Rovereto il piacere di questa scoperta, che implica la considerazione di pianura e discesa come semplici tempi di riscaldamento e recupero. Mi sono goduto le brevi distanze. 
La terrazza e la cartina sono i miei riferimenti più attuali, i volantini delle gare mi suscitano indifferenza. Faccio fatica a condividere il sentiero con tante persone, non mi diverto a stare in montagna, o in collina, tra la folla. Le corse di gruppo mi attraggono in teoria e mi deludono in pratica. È bello essere in pochi, spesso mi tocca essere da solo, ma l'arrivo della ragazza alla pari sta iniziando a farci riscoprire, a Chiara e a me, il piacere di condividere il trail.
Questo non significa rinunciare alle gare, ma in effetti sono tre anni che il pettorale lo metto pochissimo. Ne metterò altri, magari per esplorare nuovi luoghi e nuovi aspetti del mio correre, ma al momento a me piace così.

4 commenti:

  1. Non credo che sia un problema gareggiare poco, io corro 7-8 volte l'anno e mi diverto ad allenarmi con costanza e in modo organizzato. Corri e divertiti!!!

    RispondiElimina
  2. Quoto Fausto, negli ultimi due anni ho messo tre pettorali, certo c'è stato anche l'infortunio, ma non sono mai stato uno da due gare mese. Alla fine mi diverto a correre. Credo che sia il dove si corre e non se si ha o meno un pettorale appuntato. Ciao e ben ritrovato :-)

    RispondiElimina
  3. Ah che begli argomentini interessanti che hai toccato:
    la dimensione non agonistica
    la lentezza della salita
    le montagne dalla terrazza
    è bello essere in pochi
    ...
    CIAO AMICO

    RispondiElimina
  4. @ fausto 7/8 sono tante :-) condivido l'idea che l'allenamento può essere un gran divertimento
    @ Luca come sopra, sono d'accordo sul valore del come e dove si corre
    @ ciccò ci sono argomenti per i prossimi post, ma in fondo il filo conduttore è quello, lo hai riassunto benissimo

    RispondiElimina