giovedì 17 aprile 2014

Il diritto di essere ricordati per nome

Lo so che tutti vi siete precipitati in Trentino per comprare la copia de L'Adige di ieri. Se però qualcuno si fosse trovato in Australia, o sulla Luna, ecco il testo.

Il silenzio di Piazza San Pietro durante l’omelia di papa Francesco nella messa delle Palme ha fatto notizia. Tra i tanti spunti che si possono cogliere dalle sue parole, ve n’è uno che ci può rimandare a cronache d’Italia e d’Argentina. Ricordando la condanna di Gesù, Bergoglio ha detto: “Abbiamo sentito tanti nomi, tanti nomi. Il gruppo dei dirigenti, alcuni sacerdoti, alcuni farisei, alcuni maestri della legge, che avevano deciso di ucciderlo. Aspettavano l’opportunità di prenderlo. Sono io come uno di loro?”. I nomi. 
Poco meno di un mese fa, come ormai succede da vent’anni il primo giorno di primavera, “Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” ha organizzato una “Giornata della Memoria e dell’Impegno” per ricordare le vittime della criminalità organizzata. Quest’anno papa Francesco ha partecipato, testimoniando una forte sintonia con l’impegno di Libera e con la valenza civile di quello del suo fondatore, don Luigi Ciotti. Parte fondamentale del ricordo è la veglia, quella cui ha assistito Bergoglio. È il momento in cui vengono letti i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie. I nomi. Quest’anno sono stati 842: uomini, donne, bambini. Come tutti i presenti alla veglia, anche il papa ha ascoltato la lettura in atteggiamento di raccoglimento e preghiera: i nomi scorrono, ci sono quelli che conosciamo tutti e sono salutati da applausi (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), ci sono altri che invece sono meno noti. Racconta don Ciotti di come sia nata la Giornata della memoria e dell’impegno. Sono passati alcuni anni, da quando a Palermo nel corso di un’analoga iniziativa per non dimenticare si ricordavano i nomi dei magistrati uccisi dalla criminalità organizzata. Vicino a don Ciotti una donna piangente gli prese la mano chiedendogli: “Perché non dicono il nome di mio figlio?”. Era la madre di Antonio Montinaro, il capo della scorta del giudice Falcone. Il fondatore di Libera sottolinea: “Tutti hanno il diritto di essere ricordati per nome”. Ha ragione, don Ciotti. Sono parole che probabilmente anche il papa ha pensato spesso. C’è una bella canzone del gruppo rock argentino “Los Fabulosos Cadillacs” che si intitola “Desapariciones” (non è difficile ascoltarla online, per chi ne avesse curiosità) costruita proprio sul nome dei desaparecidos, persone che un regime cercò di far scomparire nel nulla: Ernesto, Altagracia, Agustín, Clara. Riuscendoci ma non del tutto: la loro memoria rimane viva, i loro nomi sono cantati, pronunciati, scritti sulle lenzuola di Plaza de Mayo a Buenos Aires. È storia d’Argentina, è anche la storia di Francesco. 
Il nome, per gli storici, è spesso un problema. L’esperienza di ricerca personale lo dice: per chi studia la storia del cristianesimo non è sempre facile trovare i nomi, ancor di più i cognomi. Quelli delle vittime ancora più nascosti di quelli dei carnefici. I documenti spesso li tacciono. Cronache, lettere, relazioni spesso parlano di “una donna”, “un giovane”, “un novizio”. Anonimi. Specie se sono passati alla storia perché hanno contestato. Le donne soprattutto non hanno avuto il diritto a essere ricordate per nome: sono le mogli di, le madri di. O peggio, non sono che un nome comune. Da storici abbiamo il dovere di cercare i nomi e di scriverli, di dirli. Non sempre si può, ma prendere in considerazione la loro realtà deve tenere desta l’attenzione su molti aspetti delle nostre ricerche: i conflitti di cultura, di religione, una lunga serie di ingiustizie passano proprio attraverso i nomi. Quando i missionari del XVI secolo attraversarono gli Oceani cambiarono i nomi delle persone, delle cose, delle idee. Sui nomi da dare in Cina al Dio dei cristiani costruirono una contesa durata secoli. È storia delle missioni, è anche la storia di Francesco. 
Oggi mia figlia, che ha un nome slavo e proviene dal confine italo-sloveno , mi parla dei compagni di scuola materna mettendo l’articolo davanti al nome, così come si fa in Trentino, altro luogo di frontiera. Ma i nomi che mi elenca non sono solo trentini, italiani, latini, europei. Sono nomi di altre culture, nomi d’Asia, d’Africa e d’America. Con l’articolo però, sono “il” e “la”. Ricordiamo i nomi anche per le cose belle. 

Claudio Ferlan
FBK – Istituto Storico Italo-Germanico


domenica 13 aprile 2014

#Northumbria2014. Tra storia, twitter e un po' di corsa

Eccomi di ritorno da Newcastle, dove sono stato per il Convegno Annuale della Social History Society. Bella esperienza, per vari motivi.
Newcastle la conoscevo solo perché ci giocava Alan Shearer. Non si può dire sia una bella città, segnata da un clima assai british (walking, eating, sleeping e ovviamente singing in the rain) e pure un po' freddino. Però c'è il Mare del Nord, che si raggiunge facilmente con la metro. 
Per la prima volta ho fatto un intervento pubblico in inglese, che certo non è il mio punto di forza. Me la sono cavata, ma c'è da migliorare. Mi hanno pure detto che ho l'accento tedesco. 
Il Convegno è stato interessante: la storia sociale nella storiografia inglese è cosa molto diversa da quella cui sono abituato. C'è spazio per curiosità che da noi si guarderebbero con sospetto: la storia dei modi di dormire (nel 1700), delle superstizioni, degli organizzatori di eventi sportivi. Un sacco di cose così. Social History. Io invece raccontavo di gesuiti tedeschi dissidenti di 450 anni fa, più o meno. Non che io mi dedichi, in questi casi, alla più stretta attualità. Me ne rendo conto. 
Al di là dei temi, mi ha incuriosito e insegnato molto il modo di presentare il proprio lavoro che in Inghilterra è assai più dinamico che da noi. Un bell'uso delle immagini, il racconto del convegno via twitter. Questo in particolare è utile: c'è un sacco di gente che parla, molti in contemporanea, quindi avere dei colleghi che ti raccontano le cose che non puoi ascoltare usando 140 caratteri e un hashtag (#Northumbria2014), bé, è stato bello. 
Ovvio poi che io mi sia regalato una corsa. L'obiettivo era seguire il Vallo di Adriano, ma da dove stava il mio albergo raggiungerlo significava attraversare un ponte con traffico a quattro corsie. Meglio un bel parco urbano. 
E non poteva mancare il mio tweet in tema: 
"Not only Socialhistory in #Northumbria2014. Running in #Leazespark before the Conference"