venerdì 31 gennaio 2014

Il vero pericolo della pioggia. E della neve.

Dei tempi della giurisprudenza ricordo molte cose, stranamente. Un era la dotta spiegazione del detto "tre indizi fanno una prova". Io di indizi ne ho talmente tanti che quella spiegazione non mi serve proprio a niente. 
Lo penso da tempo e ora ne ho la certezza.
Lo Stato, l'Unione Europea, il Mondo dovrebbero decidere che per portare un ombrello sia necessario un corso qualificante e conseguente patente. 
Prima lezione. Apri l'ombrello solo quando piove. Perché già sarebbe triste farsi sfregiare dalle stecche che spuntano ovunque in un giorno d'acqua... Ma se non piove, perché? 
In questi giorni di neve e pioggia costanti ho rischiato troppe volte. Essere alti un metro e novanta ha qualche vantaggio, ma pure parecchi svantaggi. Per esempio, l'occhio ad altezza ombrello guidato male. Buona cosa avere gli occhiali. 
Come per le macchine, i più pericolosi sono i più e i meno giovani. I primi ancora non hanno raggiunto un'evoluzione sufficiente a capire che nel mondo non sono soli. E allora ti puntano inconsapevoli e tu devi muovere la testa come fossero gli addominali di un danzerino di limbo. I secondi quell'evoluzione l'hanno magari raggiunta ma pure dimenticata. E allora ti puntano inconsapevoli, con quel che segue. 
E poi. Perché non c'è il tagliando? Perché si può andare in giro con due centimetri di stoffa scucita e dieci asticelle appuntite che si possono infilare ovunque? Proprio ovunque no, dai. 
Piove, senti come piove, madonna come piove, senti come vieni giù. 
Ho bisogno di una umbrella. 


domenica 26 gennaio 2014

In punta di dito

Da tempo mi dicevo: dovrei cercare in quella miniera che si chiama Google la possibile pepita d'oro della ripresa di una passione. Così ho scritto "Subbuteo-Rovereto". E ho letto i risultati della ricerca …
Mercoledì sera dopo qualche anno (credo siano sei/sette) ho ricominciato a giocare. Serve spiegare cos'è il Subbuteo? Il gioco più bello del mondo, vi basta? Un calcio in miniatura. 
La prima volta me la ricordo ancora, e chi se la dimentica? Era il compleanno del mio amico d'infanzia Mario, 4 marzo 1982: potrebbe essere una forzatura, cercare la data esatta. Potrebbe anche non esserlo. Poi papà mi fece il regalo, era il luglio 1982, nella scatola "World Cup" Spagna e Argentina, in allegato l'Italia fresca campione del mondo. Da lì centinaia di partite, con regole adattate all'immaginazione da bambino. Con Cristiano portammo anche un campo e due squadre al campo scuola in montagna. In ritiro. Dovevamo portare una porta a testa, ma ci capimmo male e si giocava con una porta che passava di mano al momento del tiro. 
Poi qualche anno di pausa. "Da grande" si ricomincia, con l'amico David. E impariamo le regole vere. E organizziamo partite, partitone e partitissime, coinvolgendo un po' di coetanei. 
Mi trasferisco, i rientri in Friuli sono sempre meno frequenti, le occasioni di giocare a Subbuteo diminuiscono. 
A Verona ci riprovo, prendo contatto con un gruppo di giocatori che per me si rivela troppo forte e acceso d'agonismo. Io voglio solo giocare, nel senso profondo della parola. Se non mi diverto, che senso ha? Smetto. 
Ma il gioco più bello del mondo mi richiama: non mi abbandonerai mica così? Ed eccoci a quel Google "Subbuteo-Rovereto". Mercoledì sera ho tolto due vecchie squadre, il portierone e (metaforicamente) il dito della cantina e mi sono affacciato alla sala del "Trento Subbuteo". Bell'accoglienza e belle partite, da subito. Mi è piaciuto, mi sono sentito a mio agio, libero di divertirmi come un bambino. Ci voglio tornare. 
C'è un che di romantico, in questo post… e dunque non posso che chiuderlo con l'immagine del sogno calcistico di un Bambino "Causio, Zico, Virdis". 


domenica 5 gennaio 2014

Correre Con

Le vacanze sono finite, due settimane di permanenza nella Venezia Giulia (zona Isontino) si chiudono ora con il rientro a Rovereto. Domani giorno di ambientamento e poi si riparte con il lavoro: ho molta voglia… l'abituale fortuna di fare quello che piace.
Le vacanze sono state di corsa. Non solo per i tentativi, spesso riusciti, di incontrare amici e parenti, ma anche per la possibilità di correre più frequentemente di quanto non accada in tempo feriale. E spesso è stato un correre in buona compagnia. Prima con Chiara, che poi ha perso il passo assalita da una specie di influenza. Poi con i vecchi amici Pier Luigi e Cristiano.
Siamo stati sul Carso, in lungo e in corto, tra i sassi e la terra rossa.
Siamo stati in riva all'Isonzo, in medio e in corto, tra asfalto e stradine.
Siamo stati perfino in riva al mare.
Bello riprendere il gusto dell'andare insieme, senza orologio e chiacchierando. Proprio questo mi piace: lasciarsi dettare il ritmo dalle parole, usare il fiato per i passi e per la voce. Alla fine è molto meglio che andare al bar, un modo di incontrarsi speciale e prezioso nella condivisione di una passione.
Ho ripercorso anche i sentieri del Trail Autogestito del Carso Isontino, questi però in assoluta solitudine. Lo scorso anno ci sono rimasto un po' male, quando al TACI sono venuti troppi agonisti che non hanno capito nulla del perché lo facevo, non ho avuto voglia di riprovarci e mi sono goduto i "miei" sentieri come piace a me. Quel giorno lì il "come piace a me" signifcava anche forzare, andare quello che per me è veloce, soprattutto in salita. 
Avrei scritto volentieri un po' sul blog, ma la chiavetta internet a casa dei miei proprio non va.
Nel frattempo il calendario dice che inizia un anno nuovo. Di solito si prende nota dei buoni propositi. Scrivendo di corsa, davvero non ho nessuna idea, ma mi rendo conto che ho comprato delle scarpe nuove da asfalto.