martedì 31 agosto 2010

Mateja... il primo augurio

Di notte, con un rassicurante vagito e un faccino tondo tondo è arrivata Mateja. 
Speriamo sia tosta come mamma Chiara, che (come dimenticarlo?) correva baldanzosa con lei nella pancia. Stanno bene, le due. Nome esotico, ci dicono, ma sai: noi siamo friulo-giuliano-istro-carsolin-austro-isontin-triestini, quindi il concetto di "esotico" un po' ci sfugge. Mateja.
Voi lo sapete: io corro. E con me spesso corre Alessio. E a volte però ci dividiamo. E a luglio io ero da una parte, lui dall'altra. Finita la sua Blumon Marathon, mi ha mandato una foto - preparata, io credo proprio, assieme a Livia. Loro che hanno ottima familiarità con il mondo di Croazia, sotto al pettorale avevano nascosto quel primo augurio di cui al titolo. Io l'ho conservata, la foto, per metterla qui un giorno e quel giorno è arrivato il 31 agosto 2010.
  Cosa significa? Ma certo: "Corri, Mateja, corri".

giovedì 26 agosto 2010

Oggi parliamo di Italbasket

Aspettavo la fine delle qualificazioni europee per scrivere la mia. Oggi sono finite per i maschi, una speranziella rimane alle donne.
Italia M. Per ora fuori dai Campionati Europei (Lituania 2011, come mi piacerebbe andarci...), terzi in un girone difficilino per differenza canestri. Paghiamo un'assurda sconfitta in Lettonia contro una squadra debolissima e paghiamo l'incapacità di tenere i vantaggi, ieri in Israele, oggi contro Montenegro. Due punti in meno, qualche canestro in meno e siamo fuori. Si giocherà il prossimo anno per l'ultimo posto disponibile contro squadre meno forti di quelle incontrate quest'anno. Si può essere ottimisti, come sono generalmente i commenti su questa squadra. Va detto però, che siamo fuori dalle prime quindici d'Europa, eredità di anni bui certo, ma questa è la realtà. Allenata  molto bene, l'Italia non è forte: ha un giocatore fortissimo (Bargnani, ovvio), uno buono ma incostante e disabituato a giocare da protagonista (Belinelli: tornare in Europa?), gli altri niente di che. Se arriva Gallinari siamo competitivi ad alti livelli, se a Bargnani viene l'influenza rischiamo di perdere anche con l'Austria. Manca un anno, possiamo sperare nella maturazione di giocatori già in nazionale (Maestranzi, Aradori) o in una super stagione di giovani virgulti (Melli su tutti). Vediamo. Certo che meglio di quel che ha fatto Pianigiani non credo sia possibile fare.
Italia F. Qui, secondo me, c'è da essere molto più contenti. Per sfortuna e non per scelta manca la più forte in assoluto (Macchi, una spanna sopra le altre) e manca un'altra giocatrice molto buona (Ballardini). Coach Ticchi ha organizzato una squadra capace di dare il 101%, valorizzando anche giovani come Sottana e Consolini. Bravo anche a gestire il turnover delle due naturalizzate, valore aggiunto. Stessa situazione, o quasi, dei maschi. C'è ancora la possibilità di passare, ma serve che il Belgio batta la Croazia: difficile. Qui arriviamo terzi (terze) per le due sconfitte con la Croazia e per lo scivolone in Belgio, squadra che all'inizio pareva molto più forte di quello che è stata. Ci sta tutto, specie considerando che abbiamo vinto due volte contro la Lituania (uniche due loro sconfitte). Anche per la nazionale femminile rimane la possibilità del gironcino di recupero nel 2011. Se Macchi guarisce, ci siamo.
Chiudo con un amarcord... anni fa viceallenavo il Friuli al Trofeo delle Regioni contro Giorgia Sottana (Veneto), oggi protagonista in azzurro. Naturalmente anche allora (2002) era fortissima, ma in quella partita, in quel torneo, una ragazzina triestina le aveva fatto vedere i sorci verdi... quasi quasi la cerco su Facebook.  Aveva vinto lei, avevamo vinto noi. Bei ricordi.

sabato 21 agosto 2010

Il valore del riposo

Dice il saggio: il riposo è parte dell'allenamento. Ed io ascolto il saggio.
Un sabato in panciolle, con sveglia tarda, passeggiata in città e in libreria. Riposino pomeridiano. E riordino di microvestitini in divenire. Sono stanco e divanizzato senza aver fatto nulla ancora, ma con la sensazione che perfino un po' me lo merito, dopo una settimana lavorata bene, con ritmi che faticavo a tenere prima delle vacanze.
Quanto alla corsa, anche a guardare lei mi pare un po' di meritarmelo dopo che ieri in tardo pomeriggio afoso mi sono divertito con delle ripetute al parco, approfittando di un ottimo anello da 500m. 
Al netto di riscaldamento e defaticamento, segno 5x500 in media 2'15'' / 3x1.000 in media 4'50'' scarsi. Visto il caldo e i 500m con rampa e curve, per me anche un ottimo ritmo: specie averlo saputo tenere fino alla fine. 
Rileggendo il post, l'utilizzo dell'espressione "tenere il ritmo", mi rendo conto che tra lavoro e corsa non faccio differenza linguistica: significa, come in effetti significa, che quel che faccio proprio mi piace.
Ora continuo nel mio riposo, e domani mi regalerò una quindicina di km in parco: avevo pensato ad una bella non competitiva domenicale, ma non ho voglia di mettere la sveglia. E allora, che parco sia!

giovedì 19 agosto 2010

Fritto misto

Sono giorni di città, nei quali si riesce a mantenere un ottimo equilibrio tra amicizie, vita domestica, corsa e lavoro. Chiara si gode il suo congedo maternità, io faccio il mestiere mio con costrutto. Ieri poi ho riprovato le nuove Montrail Highlander ripetendo un bel sentierino inerpicato sulle colline veronesi. La forma atletica sta tornando brava, il divertimento sempre acceso. Domenica di ferragosto, in vista anche di future realtà / attuali sogni di terre brulle e desertiche... in vista di tutto questo ho simulato in ora calda (partenza 10.30) una mezza maratona su fondo misto (terra, fango, sassi, asfalto). Caldo e soddisfacente.
Pensierini.
Bello scrivere in treno con l'iPod e poi spedire.
Sto leggendo romanzi/racconti western.
Ho provato con successo a cucinare i canederli al formaggio.
Ascolto il podcast di Brasil, ottima trasmissione di Radiouno. Scaricatelo.
E grazie a tutti gli amici che ci regalano vestitini così carini per la bambina. Amo il valore delle cose usate: il senso di un dono sta anche nella condivisione di memorie ed emozioni. Mi piacciono le fasce per i "capelli".

lunedì 16 agosto 2010

Due libri di Uwe Timm

È sempre un piacere scorrere sotto agli occhi le parole scritte da un grande scrittore. Negli ultimi giorni ho letto due libri di Uwe Timm.
L'amico e lo straniero.
Con fatica, Timm racconta un'amicizia. E per farlo, racconta di sé.
L'amico è Benno Ohnesorg giovane ucciso dalla polizia, colpito senza senso tra la gente che manifesta contro la visita dello Scià a Berlino.
Uwe Timm all'epoca è in Francia, sente la notizia, riconosce il nome, fatica a crederci. È tutto vero, anche l'assoluzione di chi ha sparato per una cosa rubricata come “legittima difesa putativa”, qualcosa di simile, lo è.
Lo scrittore e l'amico avevano passato degli anni assieme, in un collegio fatto per dare a chi non ha potuto farlo l'opportunità di studiare. Cose d'altri tempi, sembrano a noi.
Lo scrittore dice di aver faticato molto per riuscire a scrivere dell'amico, un senso di colpa per non aver saputo – scelta propria – dare continuità ad un rapporto ricco, fatto di condivisioni culturali.
Ma basta raccontare il libro, che va letto e basta.
Il linguaggio è ricco, le suggestioni molte, i rimandi letterari interessanti (“Lo straniero” del titolo rimanda al libro di Albert Camus), le immagini forti e significative. Timm toglie Ohnesorg dall'immaginifico mondo dei simboli – quello che lui sarà per il movimento studentesco – e ne racconta l'umanità. Applausi. Tristi applausi.
Come mio fratello.
Scritto prima dell'altro, letto da me dopo.
Tracce di trama. Uwe era piccolo al momento della guerra. Suo fratello grande, 19 anni e sei grande?, si arruola volontario nelle Waffen-SS. Karl-Heinz. Muore sul fronte russo, in Ucraina. Ferito, amputato, curato?, non ce la fa. La morte del figlio prediletto, una famiglia segnata in una nazione segnata. Di lui rimangono una scatola con pochi effetti personali e un diario lapidario.
Uwe riesce a scrivere del fratello solo dopo che di quella famiglia è rimasto lui solo. E si mette di fronte alle domande: che cosa avrebbe fatto mio fratello se fosse stato destinato in un campo, che cosa ha fatto mio fratello? Non lo sa, non riesce a saperlo. Non tutto.
Uwe racconta del padre, della madre, della sorella, di sé, di Karl-Heinz. E prova a spiegare a sé, probabilmente il modo migliore per spiegarlo a noi, come la guerra, la sconfitta, la colpa abbiano inciso sulla propria famiglia, esempio di ogni famiglia tedesca.
Quanto possa essere stato difficile scrivere è impossibile dire. “Tanto” è troppo poco per rispondere. Certo che Timm lo fa in maniera egregia, senza negare la propria partecipazione emotiva, cosa che avrebbe reso questo libro molto meno di quello che è.

venerdì 13 agosto 2010

Ultrapensieri

Facevo zapping, tempo fa, e mi sono fermato su quel canale un po' triste che è Repubblica TV. Gente in studio spesso verbosa, sullo sfondo si vedeva addirittura una finestra oscurata talvolta dal passare dei passi dei passanti. L'intervista però mi interessava eccome: protagonista Checco Galanzino, ultrarunner dalle mille avventure che per prepararsi ad una corsa polare si allenava sul tapis roulant in una cella frigorifera.
Di Galanzino ritrovo un'altra intervista sul mensile "Correre". Racconta della sua ultima ultra australiana: "Non ci è stato risparmiato proprio nulla: fiumi da attraversare a nuoto, il bush australiano, canyon. Alla fine poco più di metà dei partecipanti è riuscita a concludere la gara". E commenta: "Ho la sensazione che anche molti organizzatori di gare si siano fatti prendere dalla frenesia di rendere le loro competizioni sempre più lunghe, sempre più dure. E' una tendenza che non mi piace".
La mia esperienza è infinitesimale, ma il bello del nostro sport è che si parte tutti assieme. Certo, poi si arriva anche a giorni di distanza, ma quel "tutti assieme" ti fa sentire comunque parte integrante del gioco. Forse persino lo sei. E allora ti permetti di metterti in relazione, di paragonare il piccolo al grande.
Bene, io ho avuto queste sensazioni, quella "tendenza che non mi piace". E leggo di ultratrail alpini con 150 partenti e uno solo arrivato. Mi raccontano di gare dove il roadbook tralasciava di segnalare dislivelli importanti. Vedo percorsi contorti e allungati solo per dire abbiamo fatto tot km. Credo sia importante stare attenti a non perdere la strada. E tantomeno il sentiero.

martedì 10 agosto 2010

Archiviata la vacanza, inizia la fine dell'attesa

Tre settimane di montagna: corse e letture in abbondanza, passeggiate quotidiane e relax, ottima cucina e peso forma mantenuto al grammo. Bellissima la vacanza di quest'anno, già ampiamente documentata in post e fotografie precedenti. Me ne torno a casa riposato, carico e tranquillo - se riesco almeno a non pensare alla situazione lavorativa incerta... alla mia veneranda età. Ma restiamo allegri.
Verona non è calda come nei giorni della partenza.
Io sono bello carico e ho ricominciato a buttarmi sulle carte tipiche del mio mestiere con rinnovato vigore e mente piuttosto lucida.
Ho fatto un paio di corse in pianura, dopo tre settimante di gustosi saliscendi molto trail: ripetute sui 1.000 m prima, corsetta tranquilla di nove km circa sul Lungadige poi; questa seconda senza misuratori di tempo e distanze guastata da un traffico pedonale eccessivo e poco disciplinato - qui servono i sentieri, o serve trovare un percorso asfaltato alternativo. 
Ma passiamo oltre.
Poco più di due settimane alla scadenza proposta dai medici per la nascita della nostra prima bambina. La pancia di Chiara cresce ma con elegante regolarità (dicono che nove kg in nove mesi sia perfetto). Dopo gli exploit trentini il fiato della mogliettina si è accorciato un po', ma ancora oggi camminava baldanzosa sul Lungadige che di solito anche per lei è da corsa. Ad ore fresche, ci mancherebbe. Aspettiamo, emozionati di già.

venerdì 6 agosto 2010

Rampe

Io, che sono uomo non proprio di pianura ma al massimo di collina vista mare; io, che amo la corsa in natura e, con i giusti criteri, anche quella in montagna.
Io, che sono arrivato alla fine delle mie vacanze in montagna, ho scoperto oggi cosa sia una vera “rampa”.
Torniamo indietro di qualche giorno.
Ero andato di corsa al rifugio e speravo di tornarci attraverso un altro sentiero. Tempo inclemente, non ci sono riuscito. Ieri pioggia torrenziale tutto il giorno, stamattina nuvole basse e pioggerellina – non avrebbe senso salire senza neanche la possibilità di vedere un vero panorama né tantomeno di fotografarlo. Ma ho tanta voglia di correre e parto nel pomeriggio, scegliendo dalla cartina un sentiero che mi porterà da San Candido fino al paesino di Versciaco, l'idea è quella di rientrare dalla pista ciclabile. La cambierò.
Partenza. Sentiero nel bosco, fresco ma non freddo, fondo molto adatto alla prova delle mie nuove Montrail Highlander. Si comincia: una salita breve ma molto ripida, fatico ma la voglio finire di corsa; si continua: una salita breve ma molto ripida, fatico ma la voglio finire di corsa. Per farla breve, è tutta così. Un saliscendi continuo, spaccagambe, che affronto con fiatone e grinta. Arrivo alla meta individuata sulla carta – una cappella nel bosco – dopo 6,5km veramente duri, 400m di dislivello positivo circa (molto circa, l'altimetro era in difficoltà con tutto quel su e giù). Niente pista ciclabile: troppo bello il sentiero per non ripetere la strada, che al ritorno sarà fatta più di scendi che di sali. Le scarpe tengono benissimo in discesa, ottimo acquisto – sperando abbiano la giusta durata, qualcuno ha scritto che le Montrail tendono a mollare presto. Allungo un po' e alla fine conto 13km abbondanti. Anche qui non precisissimo il GPS; ad un certo punto mi diceva: “Stai correndo a 30k/h”. Io ho provato a vedere se sotto di me c'era una moto, non c'era. Dislivello totale 500 più e meno, più o meno, e 25 rampe almeno (le ho contate, tralasciando quelle di poche decine di metri). Un ringraziamento all'idolo dei trail runner che mi ha dato la forza di correre sempre.
Degnissimo congedo dalle Dolomiti; domani sera si torna in pianura, è andata proprio bene, questa vacanza.

mercoledì 4 agosto 2010

Sponsor

A San Candido c'è un negozio che mi intrippa e mi sono lasciato, almeno un po', intrippare. Gli faccio anche pubblicità: Sport Mode Holzer.
Prima puntata. Passo davanti alla vetrina, un'occhiata ai saldi e che ti vedo? Un paio di Montrail Highlander da trail running, 50% di sconto. Le provo. Pantofole da corsa in montagna. Le compro, le testo in passeggiata prima e in corto fuoristrada poi. Prima impressione molto buona, spero di provarle presto un po' più a lungo.
Seconda puntata. Entro con l'obiettivo di guardarmi un po' in giro. Ma che ti vedo: proprio un paio di sandali chiusi Keen, cosa che cercavo. Sconto del 50%. Li provo. Pantofole da passeggiata. Vedo un'altra cosa...
Terza puntata. Potrei regalare a qualcuno un marsupio porta-doppia-borraccia Salewa Minimax III, due fiaschette da 0,4l e una capacità-tasche di 5l. Lo provo. Ci penso. Rientro dopo qualche ora, lo compro. E decido a chi regalarlo: Caio. Che sono io.
Mi chiedo: quando i miei genitori hanno deciso di offrirci una vacanza a San Candido hanno forse ottenuto un contributo di sponsorizzazione da questo negozio?

martedì 3 agosto 2010

Di corsa al rifugio

Erano più di venti giorni che non correvo su distanze superiori ai 10km, in questo periodo nelle brevi ho provato un po' di tutto (salite, discese, ritmi variati e veloci), godendo appieno del piacere della corsa. Oggi ho allungato.
Trascorse due settimane sulle montagne trentine, Chiara ed io stiamo passando l'ultima parte delle nostre vacanze in Alto Adige, Val Pusteria, San Candido. Siamo qui da qualche giorno ed io ho approfittato dei luoghi, magnifici e ondulati, per esplorare di qua e di là.
Stamattina sveglia di buonora, colazione e partenza. Nuvole in cielo, ma pare si stia schiarendo: già la notte è stata piovosa. Sentiero in saliscendi per raggiungere la Vecchia Segheria di San Candido, circa 4 km, e da lì attacco un sentiero in mezzo al bosco per salire al rifugio Tre Scarperi. Salita molto corribile, pochi tratti ripidi al passo e dopo un'ora e venti dalla partenza, cinquanta minuti dall'attacco, arrivo al rifugio: sono in tutto 9,5 km e 5,5 di salita. Il posto è molto bello: un'ampia spianata, decorata di mucche, in mezzo alle Dolomiti: basta girare lo sguardo e vette ovunque. Purtroppo le nuvole incombono; mi fermo al rifugio e... posso rinunciare allo strudel? Certo che posso, ma perché dovrei? Gnam. Comincia a piovere, allora mi fermo in attesa e studio la cartina. L'idea, in origine, era di scendere da un sentiero diverso, più lungo. Quando cessa di piovere però, è passata quasi un'ora e mi dispiace far troppo tardi. Poi ho memorizzato il sentiero percorso e accertato come non presenti nessun tratto pericoloso... se dovesse piovere di più meglio il noto dell'ignoto: sono un tipo prudente. Riparto. Scendo un po' e torna il sole, ma non risalgo e mantengo la strada. Discesa divertente, correre in mezzo al bosco è impagabile. In poco più di mezzora sono all'attacco, tengo un bel ritmo per gli ultimi 4 km e arrivo felice come un bimbo dopo una scorpacciata di parco giochi. Mi rimane la curiosità di quell'altro sentiero... ma ho ancora qualche giorno di vacanza.

domenica 1 agosto 2010

Libri non troppo consigliati

Non tutti i libri che leggo finiscono nello scaffale “Letti e Consigliati”, ci mancherebbe. Può essere, forse, interessante saperne di alcuni il perché.
Altai, Wu Ming. Scritto bene, avvincente, scorrevole, però – c'è evidentemente un però. La mia opinione è che si tratti di un romanzo di maniera, costruito troppo a tavolino, “scientificamente” si potrebbe dire per capirci. Continuo con i “troppo”: personaggi troppo caratterizzati, vicende troppo esemplari, colpi di scena troppo scenografici, saggi troppo saggi e cattivi troppo cattivi. Non c'è slancio, non trovo segnali di invenzione pura... un libro di geometria, quasi. Va benissimo per l'ombrellone, o come nel caso mio per un poggiolo di montagna. Ma si può serenamente fare a meno di leggerlo.
Io e Kaminski, Daniel Kehlmann. Meno celebre del precedente, vale la pena dedicare qualche riga alla trama. 
Sebastian Zöllner, critico d'arte poco simpatico, pieno di sé e molto opportunista, vuole scrivere “il” libro della propria vita. Per scegliere l'oggetto, calcola, e decide: sarà una biografia del pittore cieco Manuel Kaminski, da costruire sulle confidenze dell'anziano artista. Uscirà subito dopo la sua morte: basta solo aspettarla... non potrà tardare.
Il personaggio Sebastian è ideato con magistrale ironia e crudele realismo, ho appuntato un periodo che lo segna davvero bene:
La porta si aprì, un'assistente con una camicetta attillata entrò e gli porse un foglio. Bogovic lo osservò per un paio di secondi e lo mise via. Guardai la ragazza e le sorrisi, lei distolse lo sguardo ma mi accorsi lo stesso che le piacevo. La sua timidezza era commovente. Mentre usciva, senza dare nell'occhio mi spostai di lato, in modo che mi sfiorasse, ma lei mi schivò. Ammiccai a Bogovic in segno di intesa, lui aggrottò la fronte. Doveva essere omosessuale”.
E poi? Poi, quasi, basta. Al di là di questa costruzione perfetta non si va, la vicenda è tanto astrusa da risultare banale. Nessun altro dei protagonisti gode di una definizione così precisa, il tono ironico non sempre è intonato. Peccato, l'idea iniziale e il progetto di trama sono avvincenti. Manca lo sviluppo. Kehlmann però è molto bravo ed io non lo mollo qui.